Contro la criminalità giovanile più lavoro e stop disimpegno

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Sempre più minori nel gorgo della malavita. Oltre alle punizioni servono politiche di valorizzazione delle nuove generazioni

I giovani rappresentano il futuro, un ponte tra una generazione e l’altra. La speranza di migliorare il mondo per non cadere negli errori tragici del passato. È questa una visione rassicurante e felice che pone la gioventù come vessillo del domani, come entità da proteggere e sostenere. Questa prospettiva che è della mia generazione, tuttavia, sta perdendo di intensità e valore, fino a non rappresentare più la realtà, o almeno non tutta la realtà dell’inquieto mondo giovanile. Ci sono tantissimi giovani – va sottolineato – che si dedicano al volontariato, all’impegno di una crescita personale e del Paese, che promuovono cultura, moda ambiente e molto altro ancora. L’altra faccia di questa medaglia è rappresentata dagli allarmi suscitati da gravi fatti di cronaca che vedono ragazzi minorenni, protagonisti di eventi che segnano le cronache quotidiane. Uno scenario oscuro e preoccupante che suscita non solo sgomento ma impone delle riflessioni.

I numeri che allarmano

L’occasione per capire ci è data dal report sulla “Criminalità minorile in Italia”, curato dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia, presentato venerdì a Roma. Le cifre sono specchio di ciò che vediamo e leggiamo – talvolta distrattamente – nei giornali e telegiornali: tra il 2010 e il 2022 il numero dei minori denunciati o arrestati in Italia è cresciuto del 15,3% (da 28.196 a 32.522), con un progressivo aumento della incidenza di Minori stranieri (più della metà del totale nel 2022).

L’abisso della violenza

Oltre ai numeri c’è un aspetto ancora più inquietante, che la polizia e gli inquirenti segnalano: gli episodi di violenza dimostrano “la totale assenza di empatia nei confronti della vittima”. Il resoconto, inoltre, dei reati è altrettanto crudo, perché la maggior parte dei minorenni denunciati o arrestati ha un’età compresa tra i 16 e i 17 anni, mentre i reati maggiormente contestati sono quelli di furto, ricettazione, rapina ed estorsione; lesioni dolose, percosse, minaccia e rissa; danneggiamento, incendio, danneggiamento seguito da incendio; resistenza e violenza o minaccia a pubblico ufficiale; violazioni della normativa in materia di sostanze stupefacenti.

La trappola del disimpegno

Reati difficili da immaginare se i protagonisti sono poco più che adolescenti. Se, inoltre, vogliamo ripercorrere fino in fondo i problemi che assediano il mondo dei giovani, dobbiamo ricordare anche il fenomeno dei Neet, ragazzi che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione. Si tratta di circa 1,7 milioni di giovani, quasi un quinto di chi ha tra 15 e 29 anni.

Soluzioni, non solo punizioni

Elencare i dati e rattristarsi non basta, diventa necessario prendere coscienza del problema ed essere all’altezza di indicare soluzioni. Secondo l’Istat, la dimensione con maggiori difficoltà è quella di istruzione e lavoro. Da questi due sistemi in crisi dobbiamo ripartire. Sull’abbandono scolastico il Governo ha preso decisioni straordinarie come prevedere per il genitore che non manda alla scuola dell’obbligo il figlio una punizione “con la reclusione fino a due anni”, al posto di una multa di 30 euro. In più la famiglia “Non ha diritto all’Assegno di inclusione il nucleo familiare per i cui componenti minorenni non sia documentata la regolare frequenza della scuola dell’obbligo”. L’aspetto solo “punitivo”, tuttavia sappiamo che non efficace, non è affatto detto che un ragazzo che lascia gli studi e perde la fiducia di se stesso e degli altri, sia già pronto a delinquere. La prospettiva, invece, da creare e rafforzare è quella delle politiche attive per il lavoro e l’inclusione. La crisi di questa parte di mondo giovanile, trova origine in basse competenze e apprendimenti da parte di ragazze e ragazzi, che poi abbandonano ogni possibilità di reinserimento.

Le Piccole imprese e i giovani

In questo contesto tra le nuove opportunità che possono essere promosse c’è la formazione unita al grande mondo – il più vasto in termini produttivi ed occupazionali – delle piccole imprese. In più occasioni abbiamo sollevato il problema, di dare incentivi e percorsi burocratici semplificati per quelle imprese che assumono, farsi carico di un lavoratore creare la stabilità finanziaria ed occupazionale ha un valore sociale ed economico enorme. In una Nazione che invecchia, dove il sistema previdenziale è in bilico perché sono troppi gli assegni e pochi i versamenti, incentivare il lavoro significa avere un domani. Un futuro migliore per il Paese e per i giovani, resta la priorità.

La politica può fare molto

Il Governo può imprimere una svolta con il sostenere concretamente le piccole imprese, fare in modo di liberare le energie dei giovani dal rischio di una vita che diventa malavita. Questo percorso da intraprendere non è solo una proposta, frutto di uno sdegno sulla criminalità minorile, ma una necessità che oggi è emergenza. Individuare un orizzonte sociale nuovo e pacifico è il compito della bella politica. C siamo riusciti nel dopoguerra, – in condizioni materiali ed economiche devastanti -, possiamo farcela anche oggi, ma serve impegno e ascolto.