A settembre riprenderà il confronto tra parti sociali e governo sul tema del lavoro e degli ammortizzatori sociali. Due questioni di grande impatto economico, sociale e culturale. Sottolineiamo culturale perché nel Paese dove non si incontrano domanda e offerta di lavoro deve nascere un nuovo modello di sviluppo che si fondi sulla reale volontà di essere protagonisti nel mondo del lavoro inteso come senso di impegno, responsabilità, di crescita personale e collettiva. Quindi formazione, occupazione, ambiente e tutele.
Le cronache più recenti raccontano dell’abisso che c’è tra domanda e offerta. Tra chi cerca disperatamente manodopera e chi pur stando disoccupato, o percettore di redditi e sostegni statali non crede di poter intraprendere una occupazione. Su questo paradosso si è scritto molto, si è polemizzato sul Reddito di cittadinanza, sul flop dei navigator sul fatto che il divano vince sul lavoro. Si è anche detto che i giovani aspirano a occupazioni più remunerative e che dia loro soddisfazioni.
C’è in buona parte dei giovani una sensibilità nuova verso l’ambiente, il territorio, verso una crescita che non devasti ma che preservi. Noi confidiamo che il ministro del lavoro Andrea Orlando realizzi percorsi formativi per dare ai giovani una occasione di lavoro attivo nel contesto dell’ambiente. Così da realizzare opere pratiche di intervento. Il nostro territorio ha bisogno di essere preservato e rigenerato.
Proponiamo che Governo e Regioni dialoghino per avere per ogni territorio una strategia di sviluppo che dia più occasioni di lavoro. La crisi dell’ offerta dipende anche dal fatto che si impone un percorso formativo e di inserimento unico che deve valere per tutto il Paese. Bisogna focalizzare per ogni area la sua vocazione, e da questo partire per creare lavoro stabile e utile alle comunità locali e al Paese. Il territorio come l’ambiente sono due grandi risorse che permettono lo sviluppo e una garanzia per il futuro.
Se vogliamo liberare i divani e dare occasioni ai giovani, ma non solo a quelli, è necessario puntare su agroalimentare, ambiente, turismo, logistica, nuovo modello di edilizia, di piccola e media impresa. Di servizi sociali, sanitari e assistenziali. Può essere una buona occasione che il Piano nazionale di Ripresa punti sulle politiche attive, sui giovani e sulla formazione. È un modo per capire davvero se c’è ancora voglia di lavoro o se prevarrà l’assistenzialismo. Se falliremo c’è da auspicare solo che giovani immigrati si appassionino all’Italia e al lavoro. Se così a loro consegneremo un Paese a cui gli italiani purtroppo hanno rinunciato a credere.