Tutto è collegato, nel mondo tutto è intimamente connesso”. Con questo messaggio anche Papa Francesco ha voluto dare il suo contributo alla discussione sui cambiamenti climatici, inviando un appello scritto al presidente della Cop26 di Glasgow, Alok Sharma.
Per salvare il nostro pianeta arriva anche un documento congiunto sottoscritto da circa 40 uomini di scienza e di fede, tra i quali l’imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb, e il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I, che il Pontefice ha riunito in Vaticano, perché, a un anno dall’enciclica “Fratelli tutti”, ha voluto ribadire come l’“interdipendenza”, la “corresponsabilità” e soprattutto il reciproco “rispetto” siano le uniche azioni possibili per contrastare i “semi dei conflitti” che provocano ferite nell’ambiente e nella persona umana. Tra i firmatari, rappresentanti di tutte le confessioni cristiane, islamiche, sia sunnita che sciita, dell’ebraismo, induismo, sikhismo, buddismo, confucianesimo, taoismo, zoroastrismo e giainismo.
L’amore per il prossimo per superare la crisi
Piante, acqua, regno animale ed esseri umani fanno tutti parte di un unico disegno divino, riconoscerne le interconnessioni, dice Papa Francesco, significa comprendere le conseguenze dannose delle nostre azioni, ma anche individuare comportamenti e soluzioni che “devono essere adottati con sguardo aperto alla condivisione”. Non si può agire da soli e la spiritualità può essere di grande aiuto per recuperare questo sguardo rivolto al prossimo e al mondo circostante: “L’amore è specchio di una vita spirituale vissuta intensamente – scrive il Pontefice nel suo discorso consegnato insieme all’appello dei saggi ai Paesi della conferenza annuale dell’Onu sul clima -. Un amore che si estende a tutti, oltre le frontiere culturali, politiche e sociali, a beneficio soprattutto degli ultimi, i quali spesso sono coloro che ci insegnano a superare le barriere dell’egoismo e a infrangere le pareti dell’io”.
Esempio, azione, educazione e rispetto
I “semi dei conflitti” di cui si parla del documento congiunto sono “avidità, indifferenza, ignoranza, paura, ingiustizia, insicurezza e violenza”, gli stessi che generano le aggressioni inflitte all’ambiente e che causano i cambiamenti climatici, la desertificazione, l’inquinamento, la perdita di biodiversità. Ferite che, dice il Papa citando la Caritas in veritate, portano alla “rottura di quell’alleanza tra essere umano e ambiente che dev’essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e verso il quale siamo in cammino”. Due sono le vie per offrire risposte efficaci, da una parte l’”esempio e l’azione” e, dall’altra, “l’educazione”. Infine, “il recupero della “vocazione al rispetto”, che non è un concetto astratto ma una azione “empatica e attiva” mirata a “voler conoscere l’altro ed entrare in dialogo con lui”. Ancora una volta un appello a intraprendere questa trasformazione tutti insieme. Le tecnologie ci sono, purché scienza e fede dialoghino tra loro, perché cura della natura, contrasto alla povertà e recupero della fratellanza sono collegate tra loro. La Cop 26 di Glasgow, conclude il Papa, “è chiamata con urgenza a offrire risposte efficaci alla crisi ecologica senza precedenti” ma anche “alla crisi di valori in cui viviamo”, così da offrire una concreta speranza alle generazioni future.