Riunione straordinaria dei leader del G20 sull’Afghanistan per iniziativa del Presidente del Consiglio Mario Draghi. Al centro della discussione informale la questione dei profughi, il rispetto dei diritti umani e la condizione femminile.
Collegato da remoto anche Joe Biden, ma non i due altri protagonisti fondamentali della crisi afghana per il ruolo esercitato negli equilibri della regione – il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping – rappresentati dai loro vice ministri degli Esteri, riprova della scarsa considerazione riservata all’incontro da parte di Mosca e Pechino, forse per una sorta di j’accuse rispetto alle responsabilità o per la volontà di riservare a questi summit internazionali le sole questioni economiche.
Diverso, invece, l’intento dell’Italia determinata a includere nel G20 anche temi geopolitici e strategici, dalle crisi regionali, alla sicurezza e alle pandemie. “È stata la prima risposta bilaterale alla crisi Afgana”, ha rimarcato più volte Draghi, che si dice soddisfatto dell’incontro e che il bilateralismo stia tornando ad essere uno schema di lavoro. Unanime “l’impegno collettivo a fornire assistenza umanitaria direttamente al popolo afgano attraverso organizzazioni internazionali indipendenti”, ha fatto sapere anche il Presidente degli Stati Uniti.
Il riconoscimento, un atto politico che va meritato
Cospicui i finanziamenti per evitare il collasso del sistema economico e bancario del Paese. 1 miliardo è stato annunciato da Ursula von der Leyen da parte dell’Europa e un incremento di 300 milioni di dollari da parte dell’America. Previsti, in seconda battuta, anche interventi della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. È evidente che il rapporto con i talebani sarà inevitabile e fondamentale, ha affermato il nostro Premier, perché questi aiuti siano efficaci, ma questo non significa il riconoscimento dell’attuale Governo, che sarà giudicato dai fatti e non dalle parole. Allo stato attuale non è inclusivo come nelle promesse, a cominciare dalle donne e dalle minoranze etniche. “Difficile capire come aiutare la popolazione afghana senza avere contatti con i talebani – ha detto il Premier – ma il riconoscimento sarà una decisione politica legata ai progressi raggiunti rispetto ai diritti umani e alle libertà individuali”.
Alle Nazioni Unite la regia degli interventi umanitari
Quello che si vorrà evitare è che l’Afghanistan torni ad essere il santuario del terrorismo islamico e perché questo avvenga è importante il dialogo tra le potenze mondiali e la cooperazione. Secondo Draghi il primo successo di questi incontri internazionali è la consapevolezza che si debba lavorare insieme per dare una risposta umanitaria alla emergenza e il senso di responsabilità enorme nel dover intervenire in un territorio in cui siamo stati presenti per 20 anni. A lavorare ad una road map è stato dato mandato alle Nazioni Unite, che agiranno da regista delle iniziative. Andranno garantiti corridoi umanitari per quanti non sono riusciti a lasciare il Paese nella fase della evacuazione e anche la libera circolazione nell’aeroporto di Kabul. Su questo fronte sembrerebbe esserci, ha detto il Presidente del Consiglio, una qualche disponibilità da parte dei talebani a fronte di aiuti economici. Fondamentale anche il coinvolgimento dei paesi limitrofi, come Tagikistan e Uzbekistan, soprattutto nella gestione delle centinaia di milioni di profughi che si stano rifugiando nei territori confinanti.