“Non si può pretendere che di anno in anno succedano cose rivoluzionare, se l’aspettativa si alza troppo poi si rimane delusi”, fa sapere Roberto Cingolani, ministro per la Transizione ecologica, da Glasgow, dove è in corso la COP26. “Sul tavolo ci sono molti argomenti – spiega Cingolani – già concludere con degli accordi che dicono che su mitigazione, adattamento, finanza, aiuto ai Paesi vulnerabili siamo d’accordo e si va avanti con maggiore ambizione è un passo avanti”.
È processo che durerà decine anni, sottolinea il ministro, “quello che è impellente è accelerare sul disegno di Parigi perché forse non siamo stati particolarmente bravi negli ultimi anni, e non basta combattere il cambiamento climatico se parallelamente non curiamo di pari passo le diseguaglianze globali”.
Per il ministro il fatto che nella bozza di accordo della COP26 ci sia per la prima volta una menzione esplicita sull’uscita dai fossili è già un risultato importante e sugli incentivi a chi utilizza fonti fossili ci tiene a sottolineare: “Togliere gli aiuti, a chi aumenta produzione e utilizzo di fonti fossili è un po’ il minimo sindacale, spero sia chiaro. Sarebbe un controsenso ma non stiamo parlando di togliere tutto il fossile in un attimo” quanto di aiutare il passaggio alle fonti rinnovabili. Cingolani rivendica anche il ruolo primario dell’Italia negli accordi della Cop26: “Il fatto che si parli di 1,5 gradi e non di 2 nasce dal lavoro del G20 a presidenza italiana e dalla Pre-COP di Milano. Ora vediamo i risultati, le ultime 48 ore sono fondamentali per mettere a terra tutto
A conforto delle sue parole in effetti è arrivato ieri un accordo insperato, quello tra Cina e Stati Uniti per rafforzare l’azione contro i cambiamenti climatici. Pechino avrebbe dunque deciso di aderire al Methane Pledge per ridurre le emissioni di metano, un gas serra 80 volte più potente della CO2”. Una decisione enorme”, ha commentato Marirosa Iannelli, coordinatrice clima e advocacy di Italian Climate Network – che ora auspica si possa provare a inserire questo obiettivo nell’accordo finale atteso di sabato. Anche l’Arabia Saudita ha voluto prontamente smentire le accuse di boicottaggio dei colloqui internazionali, specificando però: “È imperativo riconoscere la diversità delle soluzioni climatiche e l’importanza della riduzione delle emissioni come stipulato nell’accordo di Parigi senza alcun pregiudizio verso o contro una particolare fonte di energia”. Secondo il ministro saudita i negoziatori dovrebbero essere “consapevoli delle circostanze speciali dei Paesi meno sviluppati”, alcuni dei quali hanno resistito alle richieste di allontanamento aggressivo dai combustibili fossili a causa dei costi economici. “Dovremmo lavorare insieme per aiutare questi Paesi a mitigare l’impatto delle politiche sui cambiamenti climatici, senza compromettere il loro sviluppo sostenibile
Nel frattempo, gli Stati Uniti sono diventati il 101mo paese membro dell’Alleanza solare internazionale (Isa), istituita nel 2015 dal primo ministro indiano Narendra Modi e dall’ex presidente francese François Hollande con l’obiettivo di promuovere un rapido dispiegamento del solare a livello globale. Un segnale che fa sperare nel rafforzamento dell’Isa e della azione futura per fornire una fonte pulita di energia al mondo anche da parte dell’India, l’altro grande inquinatore rimasto fuori dagli accordi di Glasgow.