Danni e scenari nefasti provocati dai cambiamenti climatici sono una priorità assoluta. Se non si agirà in modo tempestivo avremo un Paese insicuro, a rischio di catastrofi naturali, dove viaggiare sarà una impresa ad alto rischio. Il rapporto delle Commissioni di studio sull’impatto dei cambiamenti climatici sulle infrastrutture e i sistemi di mobilità e sulla finanza per le infrastrutture sostenibili, non lascia spazio ad ottimismo e rinvii. Lo sottolinea a chiare lettere il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini durante la presentazione delle ricerche messe a punto dalle Commissioni di studio. Un rapporto di 436 pagine stilato da esperti nominati da Giovannini e presieduta da Carlo Carraro, professore di Economia ambientale all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Documenti ricchi di rilievi tecnici, di proiezioni economiche, ma anche di soluzioni percorribili.
Pubblico e privato alleati
La prima questione è con quali fondi realizzare quelle infrastrutture capaci di arginare i danni di fenomeni climatici estremi. Il Ministro nel sottolineare il problema indica una via percorribile. “Serve la finanza privata”, evidenzia Giovannini, “perché la finanza pubblica non farà tutto, non potrà fare tutto ed è bene che sia così”. Il tema fondi d’altronde occupa uno spazio rilevante nelle indicazioni della stessa Commissione che individua schemi di finanziamento delle opere, che Giovannini presenta come “innovativi modelli di partenariato pubblico-privato in grado di orientare a tali finalità la crescente attenzione degli investitori nazionali e internazionali ai temi legati alla sostenibilità”.
Cambio culturale
Il Piano pone l’accento sulle criticità infrastrutturali, partendo dai guasti più evidenti: deterioramento del manto stradale, deformazione delle rotaie, ridotta navigabilità interna per l’aumento di livello delle acque. “I Rapporti presentati oggi”, osserva Giovannini, “mostrano non solo i rischi che corre l’Italia a causa della crisi climatica, ma anche le opportunità esistenti per operare, insieme al settore privato, scelte in grado di mitigarne gli effetti sui sistemi ferroviari, idrici, stradali, portuali, urbani da cui dipende il nostro sistema socioeconomico, adattandoli alle nuove condizioni climatiche e beneficiando delle nuove tecnologie”. “Il cambio di paradigma verso uno sviluppo sostenibile non è più rinviabile”, puntualizza ancora Enrico Giovannini, “così come un forte investimento per rendere resilienti al cambiamento climatico le infrastrutture e i sistemi di mobilità del nostro Paese.”Grazie al lavoro svolto dalle due Commissioni”, evidenzia il ministro, “disponiamo finalmente di analisi approfondite, basate su evidenze scientifiche, e proposte per cambiare il modo di disegnare e realizzare le infrastrutture e la mobilità del futuro”.
I danni, gli anni e i costi
I fenomeni climatici avversi non producono guai gravi e calamità solo nei Paesi in via di sviluppo. L’Italia subirà in tempi ravvicinati – calcolando solo danni alle infrastrutture -, costi che oscillano tra 11 e 18 miliardi. Il piano ha una gittata temporale ampia, con un primo step al 2030, un secondo obiettivo fino al 2050, ed un ulteriore step fino al 2070. Entrando nel merito il Piano calcola che attualmente i danni alle infrastrutture di trasporto sono di circa 150 milioni l’anno, ma i costi potrebbe aumentare del 1900%. Mentre quelli per il sistema di gestione idrica e dei rifiuti che è attualmente di 230 milioni l’anno aumenterebbe del 700%. Per inondazioni e tempeste di vento, la perdita o il danneggiamento delle infrastrutture costerà tra lo 0,1 e lo 0,4% del Pil nel decennio 2020-2030, per poi arrivare allo 0,33%-0,55% nel 2050. Una mancata capacità di produrre beni e servizi per un valore fino a 8,7 miliardi di euro. Ma la perdita, proiettata al 2050, potrebbe arrivare ai 18 miliardi. Con le regioni del sud poi esposte ai danni.
I settori più colpiti
L’analisi di quello che potrebbe succedere avrebbe nel turismo il dato economico più negativo.
Il rapporto analizza anche l’impatto sull’aumento di temperatura e il mancato arrivo dei turisti. Con un aumento di 2 gradi si stima una riduzione del 15% degli arrivi internazionali, se la temperatura dovesse aumentare di 4° la riduzione sarebbe del 21,6%. Ma anche i turisti nazionali rinuncerebbero alle vacanze. Tenendo conto quindi dell’impatto complessivo, le perdite per il settore andrebbero dai 17 ai 52 miliardi di euro. Stesso allarme per il turismo invernale con un aumento di 4° solo il 18% delle località sciistiche avrebbero una copertura nevosa naturale. L’agricoltura da qui al 2050 potrebbe perdere tra i 12,5 e i 30 miliardi, con un deprezzamento del valore dei terreni agricoli.
Il 91% dei Comuni italiani è a rischio idrogeologico, ricorda l’indagine. I danni al 2050 per l’innalzamento del livello delle acque si collocherebbero tra i 50 e gli 81 miliardi di euro.
L’aiuto dal Pnrr
I problemi dovranno essere affrontati in un percorso temporale epocale che trae forza da presupposti oggettivi. Il primo che le avversità climatiche saranno sempre più diffuse e distruttive e di questo bisognerà averne una consapevolezza culturale. In secondo luogo sarà necessaria una forte spinta verso i progetti della transizione ecologica. “È un’operazione complessa che richiede tempo, ma i tempi sono necessariamente stretti”, puntualizza il Ministro. Ma non si parte da zero. “Grazie al Pnrr, ai fondi nazionali stanziati dal Governo e a quelli europei, i prossimi dieci anni saranno decisivi per mettere in sicurezza il Paese, rinnovare la dotazione infrastrutturale, sviluppare i sistemi logistici e ridurre le disuguaglianze sociali e territoriali nella prospettiva della decarbonizzazione”.
In particolare, sostiene il ministro, “nel corso dell’ultimo anno il Ministero ha già intrapreso numerose azioni in questa direzione. Le scelte poste alla base del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), le nuove risorse della Legge di Bilancio destinate alla transizione alla mobilità sostenibile (2 miliardi di euro), allo sviluppo delle metropolitane e al trasporto rapido di massa (4,7 miliardi), alla manutenzione di strade, ponti e viadotti (4,8 miliardi), la co-programmazione con le Regioni del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-27, sono segnali evidenti del cambiamento operato. Ma tutto ciò non basta”, calcola Giovannini, “abbiamo bisogno di stimolare investimenti nella stessa direzione da parte del settore privato e per questo dobbiamo creare nuove forme di partnership pubblico-privato e spingere le imprese ad adottare nuovi criteri di valutazione dei loro investimenti, che tengano conto degli impatti ambientali e sociali”.
Nuovi strumenti finanziari
Il Piano nazionale di Ripresa prevede diversi interventi per adeguare le infrastrutture esistenti e costruirne di nuove a prova di disastri ambientali, ma il Ministro ha anche affidato a una seconda commissione, presieduta da Fabio Pammolli, ordinario di Economia e Management al Politecnico di Milano. Si tratta di un’indagine sugli strumenti finanziari in grado di sostenere nuovi investimenti favorendo anche la partecipazione dei privati. “Stiamo cambiando il modo di programmare e realizzare le infrastrutture e i sistemi di mobilità in un’ottica di sviluppo sostenibile, per fronteggiare la crisi climatica e beneficiare dell’innovazione tecnologica e dei materiali”, spiega ancora Giovannini, “Grazie al lavoro delle due Commissioni, disponiamo ora di approfondite analisi scientifiche e proposte per accelerare e consolidare questo processo trasformativo, al quale vanno orientati gli investimenti pubblici e privati”.
Le soluzioni attuabili
Una parte rilevante del rapporto è dedicata ai possibili interventi per prevenire gli impatti degli eventi climatici. Tradotto in cifre 12 miliardi da qui al 2030; o, secondo un altro calcolo, 8 miliardi da qui al 2040 ma con un costo annuo di manutenzione di 604 milioni di euro. Per il 2070, la manutenzione assorbirà un costo annuale di 924 milioni. La Commissione guidata dal professor Carraro, inoltre, indica soluzioni basate su innovazioni di tipo strutturale e tecnologico come la gestione dei sistemi di drenaggio, di copertura stradale con asfalto drenante; sui benefici forniti da una maggiore cura degli ecosistemi, come la riqualificazione idro-morfologica degli alvei fluviali, io l potenziamento del verde per la riduzione del calore in ambito urbano. Sono previsti investimenti nella conoscenza, attraverso la raccolta e l’elaborazione di dati, modelli e previsioni per valutare i rischi e migliorare le politiche.