Povertà, rischio crescente di emarginazione sociale ed economica. Le inquietudini del caro bollette, l’impennata dell’inflazione, il prezzo delle materie prime, le imprese che bloccano la produzione perché è più conveniente stare fermi. La pandemia che ha lasciato segni profondi nell’economia, nelle attività produttive commerciali e turistiche. Quello descritto – sul quale insistono con preoccupazione i sindacati così come Confindustria – non è certo uno scenario rassicurante, di crescita e di una società italiana che vive serena e nel benessere. È un Paese invece inquieto. Se osservata in presa diretta constatiamo una società italiana con crescenti disuguaglianze, un post pandemia incerto, una crisi di fiducia e finanziaria che famiglie e imprese vivono con profonda difficoltà.
Crisi e frattura sociale
C’è nel Paese un assedio di preoccupazioni che rischiano di inasprire nei prossimi mesi quella crisi socio-economica che porterà ad una inevitabile frattura sociale. Un pericolo che in troppi sottovalutavo in un momento in cui la politica è debolissima, dove i partiti sono concentrati sulle loro incertezze interne, addirittura sul loro motivo di esistere. La politica rischia di esserne travolta se non riprenderà forza e impegno nel decidere se stare dalla parte degli elettori e a sostegno di quei cittadini che in questi due anni hanno fatto rinunce, e vistosi passi indietro. Dalla parte delle imprese stremate dal caro energia con una bolletta – ha ricordato il Presidente di Confindustria Carlo Bonomi passata da 8 a 37 miliardi – , da un fisco punitivo, da una burocrazia che toglie fiducia e voglia di crescere.
I dati dell’incertezza
Unioncamere segnala che sono quasi 11 milioni gli italiani a rischio povertà: tra i 4 milioni di disoccupati e i 6,7 milioni di occupati ma in situazioni instabili o economicamente deboli, il numero degli italiani che non ce la fa. Malgrado gli sforzi del Governo, gli impegni del Piano nazionale di Ripresa la tanto attesa svolta non riesce ancora a concretizzarsi e dare risultati. Si parla ovunque di Pnrr addirittura ci si divide sulla allocazione geografica dei fondi, ma finora dai programmi solo le grandi imprese faranno la parte del leone, alle piccole rimarrà quali nulla.
Lavoro precario
Le cifre della precarietà invece ci sono e danno l’idea di quanti vivono a “singhiozzo” il loro rapporto di lavoro. Ancora una volta sono i numeri a darci l’idea delle incertezze. Sono 6 milioni e 734mila gli occupati considerati in condizione precarie o economicamente deboli. Si tratta di 925mila soggetti con contratti di lavoro a termine part-time, 2 milioni e 142mila persone con contratti a tempo determinato full-time, 2 milioni e 731mila addetti con contratti a tempo indeterminato part-time involontario, 225mila soggetti con semplici contratti di collaborazione e 711mila autonomi part-time. Dietro queste cifre ci sono condizioni difficili, tensioni, con una area di disagio sociale che in Italia comprende 10 milioni e 805mila persone.
Il fattore energia
Come sappiamo l’Italia vive in bilico tra più necessità e tra queste il caro energia, considerando i livelli di crescita dei prezzi che non scenderanno nel breve termine serve una soluzione subito. La transizione ecologica è un grande tema da meritare attenzione e progetti, ad esempio tra fonti energetiche c’è l’idrogeno che stando agli studi sul suo uso pratico siamo a buon punto ma non ad una svolta per un impiego quotidiano. L’idrogeno ci sarà e creerà un mondo di benefici, ma oggi bisogna essere chiari all’Italia serve ancora il gas e dobbiamo estrarlo dai nostri giacimenti. Non riusciremo a saldare i conti sempre più cari con Paesi produttori da dove illogicamente ora in questo momento di grave emergenza continuiamo a importare gas, dalla Russia, Algeria e addirittura dagli Stati Uniti. L’ambiente è un bene da tutelare e c’è una presa di coscienza generale ma dobbiamo superare questa fase critica della transizione ecologica, usando le nostre risorse che sono per tutti gli italiani una ricchezza. Un uso limitato nel tempo, quello necessario a mettere a punto altre fonti energetiche.
Lavoro basta precariato
Sul capitolo lavoro i sindacati così come alcune forze politiche in particolare Fratelli d’Italia e il Pd, sollecitano una uscita dalla precarietà. I numeri sono determinanti nel comprendere come “lavoretti e contratterelli” – per usare la terminologia dei sindacati – non porteranno nessun beneficio ai singoli e al Paese. Come per l’energia serve un piano ambizioso e deve essere lo Stato a realizzarlo.
Lo Stato torni ad assumere
La Pubblica Amministrazione deve tornare ad assumere, l’Italia può crescere solo se rafforza il suo legame con i giovani. Assumere con contratti a tempo indeterminato è l’unico antidoto alla precarietà e a tutto ciò che ne consegue. Ai giovani va data questa opportunità che sette generazioni hanno avuto e l’Italia è cresciuta. Le soluzioni talvolta sono più semplici del previsto. La prossima primavera sarà una stagione dello “scontento” allora prima che sia troppo tardi, lo Stato riassuma la sua centralità decisionale. Si torni a produrre più gas e riportare il costo delle bollette a livelli normali e accettabili, e si dica fine alla precarietà con un piano e un percorso di assunzioni nella Pubblica amministrazione. Sono progetti realizzabili, gli unici che possono dare il senso concreto di una svolta concreta in favore dei cittadini.