Quando il bonus diventa malus. 113 mld per sostegni improduttivi

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Molto si discute su come affrontare i nodi dell’economia, del lavoro e dello sviluppo. In Agenda il Parlamento dopo il voto per Referendum e Amministrative dovrà imboccare in tempi rapidi la strada delle riforme. In più sale il tema del welfare, di come rendere meno traumatica la corsa dei prezzi, dell’inflazione e il caro energia. Da Palazzo Chigi filtra in modo ufficioso che c’è la disponibilità del presidente del Consiglio ad un incontro con le parti sociali e i sindacati. Questi ultimi hanno un elenco di richieste socio economiche che difficilmente potranno essere tutte accolte. L’insieme delle rivendicazioni, infatti, sono finanziarie, mentre come è noto il premier Mario Draghi e il ministro dell’economia Daniele Franco sono contrari a nuovi debiti e ad uno scostamento di bilancio.

Solidarietà senza sprechi

C’è un tema che nostro giudizio cruciale. Quello della solidarietà verso persone e famiglie, verso le piccole imprese e lavoratori autonomi in affanno. Quel mondo di persone laboriose e impegnate che però hanno avuto grandi difficoltà nei due anni della pandemia e nel 2022 per i riflessi negativi della guerra in Ucraina. Se in difficoltà, se impegnate a ritrovare la via di un ritorno al lavoro e alla produzione, quei fondi dati dallo Stato sono davvero utili e sacrosanti. Sono necessari per la crescita del Paese.

Bonus conto da 113 miliardi

Ma c’è da riflettere se davvero 113 miliardi sono spesi bene o incentivano solo un disimpegno improduttivo i cui effetti sono oggi un nuovo problema.
È infatti passata sotto tono, e comunque fuori dal grande dibattito, l’analisi fatta dal Centro studi della società Cgia di Mestre che scandaglia numeri, contesti socio economici, scende nei dettagli del mondo produttivo, analizzando le scelte del Parlamento e della politica con analisi acute, temute per la loro franchezza, serietà intellettuale. Nel suo ultimo studio la Cgia si chiede se i Bonus elargiti dallo Stato non siano davvero troppi e anche assegnati in modo poco razionale. I principali Bonus economici vigenti sono, infatti, poco più una quarantina e in questo ultimo triennio (2020-2022) si stima che costeranno allo Stato almeno 113 miliardi di euro (per la precisione 112,7).

Consensi politici facili

Come rivela la Cgia, stiamo parlando dei Bonus introdotti in buona parte dagli ultimi due esecutivi per fronteggiare gli effetti economici negativi su alcuni comparti produttivi, verso le famiglie, i lavoratori dipendenti e agli autonomi. Nella sua riflessione la Cgia sottolinea – a parte le situazioni oggettive di difficoltà -: “molti sussidi sono stati erogati anche a chi non ne aveva alcun bisogno, altri ancora sono stati introdotti solo per ‘riscuotere’ un consenso politico immediato”. Insomma parole chiare, inoltre la Cgia fa una osservazione, che il dibattito politica ignora. “Riteniamo che sia giunto il momento di razionalizzarne la spesa”, propone il Centro studi della società di Mestre.

I tempi cupi che arriveranno

Le motivazioni per cui bisogna razionalizzare una spesa improduttiva di 113 miliardi sono serie. In primo luogo perché di fronte alle prossime e ampie difficoltà che ci attendono e lo scrive anche la Cgia, quando evidenzia che “lo scenario economico e sociale che si sta prefigurando è sempre più cupo”, bisogna prepararsi con serietà. L’economia non sarà salvata dai Bonus o da scelte che non spingono una maggiore produttività. Le misure che l’Europa o le condizioni di una geo politica sempre più instabili e imprevedibili,
potrebbero peggiorare di parecchio la tenuta dei nostri conti pubblici. È una eventualità che in pochi dicono perché magari nessuno vuole fare il pessimista, ma la politica non si fa con la magia dell’ottimismo. Sappiamo già dove hanno portato le chiacchiere su “decrescite felici” e altre trovate. Di fronte ad una situazione così delicata che passa da scenari di Pil in salita e altri in rapida discesa, bisogna recuperare risorse a sostegno del lavoro, delle imprese, della produttività e di quanti saranno impegnati in una sfida per tenere l’Italia nel mondo dei Paesi industrializzati. Vogliamo usare le giuste parole della Cgia che non sono né polemiche né interessate alle carriere politiche perdonali.
“Solo da una ‘sforbiciata’ delle uscite per i Bonus potremmo trovare le coperture necessarie per alimentare nuove politiche economiche di natura espansiva”.

Il rischio di instabilità

Queste parole accorate su come spendere bene i fondi dello Stato rischiano di rimanere però inascoltate e chiuse in pubblicazioni e statistiche. È un errore perché arriverà un momento che i 23 milioni di lavoratori italiani non riusciranno con il loro impegno a garantire la stabilità di un Paese che pretende di avere tutto, senza però chiedersi se ancora può davvero permetterselo.