Salario minimo. Polemica massima

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È durata tutta la notte la trattativa sulla questione del salario minimo, ma alla fine in Europa si è raggiunto un accordo. Consiglio, Parlamento e Commissione Ue hanno dato il via libera alla direttiva, che non prevede l’obbligo di introdurre una paga di base, ma costringe a intervenire per frenare i contratti pirata e contrastare il lavoro povero. Per la presidente della Commissione von der Leyen si è trattata di una decisione importante a tutela della “dignità del lavoro”. Ogni Paese avrà due anni di tempo per recepirla. Non esiste un reale obbligo, ma l’Italia dovrà varare almeno una legge sulla rappresentanza che contrasti i contratti pirata se vorrà evitare una procedura di infrazione.
Per facilitare il percorso legislativo e non urtare sensibilità nazionali non sono previsti massimi e minimi salariali. Non sarebbe stato possibile fare diversamente considerando le differenze dei mercati del lavoro che caratterizzano i diversi Paesi membri. La direttiva si limita a fornire un quadro complessivo entro cui agire. L’Italia è tra i sei Paesi dell’Ue senza una regolamentazione in materia. L’orientamento è quello di fissare un valore medio di nove euro l’ora, ma il percorso si annuncia particolarmente accidentato. E la polemica infiamma partiti e sindacati.

Favorevole il centro-sinistra

 

Per il ministro del Lavoro Orlando è stato “un passo importante per concretizzare l’Europa sociale e del lavoro”. Soddisfatto anche Di Maio che lo ha definito un “accordo storico”, confidando ora in una “legge dignitosa” in Italia mentre Conte va oltre, spingendo per una legge in tempi rapidi:” Noi stiamo lavorando a tempo pieno in commissione Lavoro al Senato, il progetto di legge sta andando avanti perché dobbiamo approvarlo subito”. Una posizione per una volta in sintonia con il PD: “Per noi la questione salariale è fondamentale”, ha detto il segretario dem Enrico Letta, sostenuto anche dal ministro alla Salute Roberto Speranza che guida la pattuglia di Leu. A Renzi va riconosciuto il merito di essere stato tra i primi a parlarne, con una proposta, risalente al 2016 e poi aggiornata nel 2018, che prevede il salario minimo legale, cioè introdotto per legge, con soglia minima di 9-10 euro. Calenda condivide la necessità di alzare i salari, ma senza ricorrere alla legge.

Contraria la destra

 

Ma non tutti in Italia applaudono, il centrodestra è di tutt’altro avviso preferendo il taglio del cuneo fiscale. Meloni l’ha definito solo uno specchietto per le allodole, Salvini sostiene che non vi sia “nessun obbligo per l’Italia”, perché più interessato a tornare a parlare di tagli fiscali. Non si è, infatti, dimenticato della flat tax al 15% per le imprese “perché poi i salari li pagano le imprese, e se pagano uno sproposito di tasse non riescono a pagare lo stipendio a nessuno”. Giorgetti chiede che “non danneggi la contrattazione” fra sindacati e associazioni imprenditoriali e il forzista Renato Brunetta perentoriamente ha affermato: “Il salario minimo per legge non va bene perché è contro la nostra storia culturale di relazione industriali. Non può essere fissato per legge ma deve corrispondere alla produttività”. Per Giovanni Toti di Cambiamo!  va promosso ma con riserva, perché non bisogna “nascondersi dietro il feticcio del salario minimo” visto che in Italia serve “soprattutto la riduzione del cuneo fiscale”. Netto Lupi di Noi con l’Italia: “Con salario minimo e assistenzialismo si ammazza il Sud”.

I sindacati temono una invasione di campo

 

Irritati anche i sindacati che non hanno mai apprezzato l’interventismo della politica nel perimetro della contrattualistica che deve restare un’area esclusiva per datori di lavoro e rappresentanza dei lavoratori. “Il salario minimo non è utile, la soluzione resta la contrattazione”, ha infatti commentato il segretario della Cisl, Luigi Sbarra.