Dopo mesi di siccità estrema, inondazioni catastrofiche si sono abbattute su Nigeria, Ciad, Niger, Burkina Faso e Camerun, colpendo milioni di persone e costringendole a fuggire. In Nigeria gli sfollati sono già più di 1,3 milioni, oltre 2,8 milioni le persone danneggiate a causa dell’allagamento dei terreni agricoli e delle infrastrutture e 600 le persone che da giugno hanno perso la vita secondo le stime di National Emergency Management Agency (Nema). Nello stato di Taraba le piogge torrenziali hanno tagliato fuori dall’assistenza umanitaria le comunità della città di Baissa e in Ciad il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza dopo che le inondazioni hanno colpito più di un milione di persone. Al sud le piogge intense hanno causato lo straripamento dei fiumi Chari e Logone, che hanno sommerso i campi, ucciso il bestiame e costretto più di 90mila persone a fuggire dalle loro case per cercare rifugio a N’Djamena. In Camerun, più di 63mila persone sono state colpite dallo straripamento dei due fiumi nei distretti di Kousseri, Zina, Makari. In Mali le persone coinvolte dalle inondazioni sono state 41mila contro le 10.511 del 2021.
Le temperature stanno aumentando di 1,5 volte più velocemente che nel resto del mondo
Un vero e proprio bollettino di guerra, conseguenza dei parossistici cambiamenti climatici che stanno travolgendo in particolare l’Africa centrale. A lanciare l’allarme è l’UNHCR, che insieme alle autorità locali e gli altri partner stanno cercando di fornire immediata assistenza umanitaria a più persone possibili. “La crisi climatica – si legge in una nota dell’agenzia ONU – sta accadendo ora: distrugge i mezzi di sussistenza, mette a rischio la sicurezza alimentare, aggrava i conflitti intorno alle risorse sempre più scarse e costringe alla fuga le persone. Il legame tra lo choc climatico e la fuga di persone è evidente e in aumento. L’aggravarsi degli eventi climatici, in particolare siccità e inondazioni, hanno diminuito i raccolti e contribuito a un deterioramento generale dei servizi pubblici, provocando una delle peggiori crisi di sfollamento mondiale. Le temperature nel Sahel stanno aumentando di 1,5 volte più in fretta della media globale”.
Una emergenza che minaccia anche la pace
Anche al di fuori del Sahel la situazione è drammatica. “Assistiamo alla peggiore siccità degli ultimi 40 anni – scrive l’Onu -, alla minaccia della carestia nel Corno d’Africa, a una devastante stagione dei cicloni in Mozambico e ad alluvioni di portata storica in Sud Sudan e in Sudan per il quarto anno consecutivo”. «L’emergenza climatica è un pericolo per la pace – ha affermato Martha Pobee, sottosegretario generale per l’Africa presso l’Onu – visto che il continuo passaggio da siccità a inondazioni provoca conflitti tra agricoltori e allevatori per l’accaparramento delle risorse, aumenta il rischio di ingerenze da parte dei gruppi jihadisti e accresce la carestia in un’area dove oltre 29 milioni di persone dipendono dall’assistenza umanitaria».
Inondazioni quasi raddoppiate tra il 2015 e il 2020, ma dimezzati i finanziamenti
Ciononostante, le operazioni umanitarie in Africa centrale e occidentale stanno subendo una contrazione dei finanziamenti. Nel Ciad, fa sapere l’UNHCR, è arrivato solo il 43% dei fondi necessari per il 2022, in Burkina Faso il 42%, in Nigeria il 39% e in Niger il 53%. “L’UNHCR – conclude il comunicato – fa appello a tutti i donatori perché sostengano urgentemente il nostro lavoro in Africa occidentale e centrale, per salvare vite umane. Gli Stati e le comunità in prima linea nella crisi climatica hanno urgente bisogno di finanziamenti per costruire difese, per adattarsi e minimizzare le conseguenze più gravi “.