Il fisco batte cassa, previdenza al collasso. Rilanciare l’occupazione con la crescita

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L’Italia è ultima nelle classifiche per occupazione totale, femminile e giovanile. Un record negativo che di cui la politica non parla. Ci si concentra molto sui tecnicismi degli aiuti, sui bonus, su misure a pioggia. Negli ultimi anni, tra il Governo Draghi, e il prossimo Consiglio dei ministri dell’Esecutivo Meloni, per emergenze e aiuti, la cifra complessiva è salita ad oltre 80 miliardi. Una somma che non ha eguali ma nel contempo non ha spostato in avanti in nulla le più acute emergenze nazionali: bassa occupazione e produttività, magri stipendi per i lavoratori, un sistema previdenziale al collasso. Un fisco che prenda atto che servirà prima o poi un condono tombale.

Calo dei consumi e recessione

Nel contempo famiglie e aziende sono alle prese con accresciute difficoltà economiche. Si evoca che siamo ad un passo dalla recessione. D’altronde le Associazioni di categoria del commercio da tempo insistono nella caduta dei consumi, nei pochi soldi a disposizione di buona parte delle famiglie, delle attività che riducono impegni e maestranze e piccole e micro imprese sull’orlo della chiusura. In questo scenario il fisco è pronto ad incassare 69 miliardi di euro. Il tutto nelle prossime due settimane. Lo ricorda la società di analisi socio economiche Cgia di Mestre, che spiega, “l’ingorgo fiscale” di novembre che per l’erario è da sempre il mese più “gratificante” dell’anno. L’Agenzia delle entrate e della riscossione incasserà davvero i 69 miliardi chiesti?

La Fabi: è sempre più buio

La domanda, che in pochi si fanno, dovrebbe essere invece chiara ai protagonisti della vita politica nazionale. La risposta arriva indirettamente dalla recente relazione della autorevole Federazione autonoma dei bancari italiani. Leggiamo: “Il nuovo scenario finanziario che si profila per le famiglie e imprese italiane, è sempre più buio”, osserva la Fabi, che realizza una previsione sulla scia della decisione della Banca centrale europea di rialzare i tassi d’interesse. Una mossa che ha un effetto domino sul costo dei mutui e più in generale, come indicano gli analisti finanziari, sulla sostenibilità economica del debito delle famiglie. La sintesi fatta dalla Federazione bancari italiani è questa: “meno credito e a costi sempre più sostenuti”.

Pressione fiscale al top

Nel contempo nel 2022 la pressione fiscale ha toccato il record salendo al 43.8% del Pil. Colpa anche della interazione inedita tra inflazione, crescita del gettito Iva e fine delle agevolazioni Covid. In termini assoluti secondo i dati resi noti nei giorni scorsi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (gennaio-settembre 2022), le entrate erariali, rispetto allo stesso periodo del 2021, sono cresciute di 37 miliardi di euro: di cui 5,5 miliardi di Irpef, 8,9 miliardi di Ires e 17,8 miliardi di IVA.

La crisi della previdenza

Arriviamo all’altra emergenza, quella delle pensioni. Il costo per prestazioni previdenziali nel 2021 ha raggiunto i 312 miliardi.
I trattamenti previdenziali assorbono il 92% della spesa, mentre quelli assistenziali (prestazioni agli invalidi civili e le pensioni e gli assegni sociali) il restante 8%. La voce che incide maggiormente sulle uscite è quella delle pensioni di anzianità/anticipate (il 56% del totale), seguita dalle pensioni di vecchiaia (il 18%) e dalle pensioni ai superstiti (14%). Le prestazioni agli invalidi civili rappresentano il 7% del totale. Il sistema previdenziale con questi numeri non può reggere. La riprova è che sia l’Esecutivo Draghi, sia il Governo Meloni più che individuare soluzioni “ponte” di un solo anno, non è possibile fare.

Occupazione e salari migliori

Lavoro, entrate fiscali e pensioni sono intimamente collegati. Ma quello che da linfa all’intero sistema è l’occupazione. Ossia la produzione e il benessere economico che si crea. Il Paese però è fortemente indietro. Gli analisti osservano: “Siamo cioè stati battuti, annuncia Eurostat, anche dalla Grecia che ha un tasso di occupazione totale pari al 60,5% contro il nostro 60,3%, oltre 10 punti sotto la media europea (4 milioni di lavoratori in meno) e quasi 20 punti rispetto al Nord Europa”. Sono da prendere alla lettera le recenti osservazioni di un esperto come Alberto Brambilla, presidente Itinerari Previdenziali, che in un intervento di approfondimento apparso sul Messaggero, annota. “In Europa lavora in media il 52-53% della popolazione residente, in Italia meno del 38%: la nostra povertà è tutta in queste cifre”. Brambilla pone anche una sottolineatura tranciante che va condivisa:
“È umiliante constatare che a fronte di tanta povertà esibita, l’Italia primeggia nel gioco d’azzardo: tra scommesse legali e illegali spendiamo oltre 130 miliardi, più dell’intera spesa sanitaria. E siamo anche ultimi per tasso di produttività”.

Un interrogativo da condividere

Siamo quindi sicuri che spendendo circa 150 miliardi l’anno in assistenza sociale favoriamo lo sviluppo del Paese?
Rispondiamo con le parole dello stesso Alberto Brambilla. “A nessuno viene il dubbio che così facendo si aumenta il numero dei giovani che non studiano e non lavorano (sono oltre 3,1 milioni, e qui siamo primi in classifica in Europa e con il 25%”. Lavoro e sviluppo, alimentano fisco e sostengono le pensioni. Imboccare la strada dei semplici aiuti può essere certo importante, in molti casi assolutamente doveroso, ma facciamo attenzione il vero obiettivo è crescere. Fare un salto che ora riesce difficile anche immaginare.