Si è conclusa con un giorno di ritardo la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico CoP27 per le difficoltà incontrate nel trovare un accordo sugli aiuti ai Paesi poveri da parte di quelli più industrializzati e inquinanti. Secondo il documento finale i particolari che regoleranno il Fondo per “loss and damage” (perdita e danno), istituito a sostegno dei più vulnerabili particolarmente colpiti da alluvioni estreme o periodi di prolungata siccità, dovranno essere stabiliti a breve, entro il 2023.
Festeggiano le Nazioni del Sud del mondo per il traguardo storico raggiunto dopo trent’anni, per il quale i responsabili delle emissioni di CO2, che dall’inizio dell’era industriale a oggi hanno innescato l’emergenza climatica, hanno dato il via libera alla facility finanziaria, purché i destinatari siano davvero i soggetti più colpiti dagli eventi climatici e che vi partecipino anche i Paesi solo formalmente classificati ancora in via di sviluppo come la Cina. I dettagli su come realizzare il meccanismo e sul modo di quantificare i danni causati dalla crisi climatica sono stati rimandati alla Cop 28 di Dubai. Resta, poi, il fatto che i Paesi che si erano già impegnati a trasferire 100 miliardi all’anno agli Stati vulnerabili colpiti dagli impatti sempre più gravi del clima non hanno mantenuto le loro promesse.
La Cina esclude proprie responsabilità nei cambiamenti climatici
A questo proposito il ministro degli Esteri cinese Mao Ning risponde con un certo scetticismo, sottolineando come ancora manchi alla “costruzione di fiducia reciproca tra nord e sud”. La strada per una vera cooperazione globale è lunga, ha detto, “la tabella di marcia per il raddoppio dei finanziamenti globali non è ancora chiara”, anche se l’accordo raggiunto è stato comunque accolto con favore. Secondo la Cina le colpe dell’inquinamento del Pianeta sono comuni, ma differenziate: “Il nostro Paese non ha responsabilità” sui loss and damage, ha dichiarato l’inviato cinese per il clima, Xie Zenhua, “ma vuole aiutare i Paesi in via di sviluppo ad aumentare il loro adattamento attraverso una cooperazione Sud-Sud, e lo sta già facendo”. Importante traguardo anche la riapertura dei colloqui sul clima tra Cina e Stati Uniti dopo lo stop decretato lo scorso agosto in risposta alla visita a Taiwan da parte della presidente della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi.
Ancora nessuna road map su taglio emissioni
Sul fronte della prevenzione, la Cop egiziana sembra registrare una significativa battuta da arresto. È mancata, infatti, la definizione di una vera e propria road map a livello globale per tagliare le emissioni inquinanti e contrastare l’uso delle fonti fossili. Se per la prima volta nel testo finale del Summit entrano le fonti rinnovabili, sono comunque citate al fianco delle “energie a basse emissioni”, quasi a giustificare la probabile sopravvivenza a lungo termine dei combustibili fossili.
Secondo il sito britannico specializzato Climate Home News “l’India aveva proposto” “di estendere agli altri combustibili fossili la decisione dirompente della Cop26 di ridurre il carbone. Un’ ampia coalizione di più di 80 Paesi aveva sostenuto la richiesta, ma la presidenza egiziana ha rifiutato di includerla nel documento finale. L’Egitto ha sostenuto il gas come ‘la perfetta soluzione’ alla crisi energetica e ha incoraggiato accordi a margine”. Sempre secondo il sito, “l’Arabia Saudita e la Russia si sono fortemente opposte a ogni riferimento a petrolio e gas, hanno riferito fonti dagli incontri a porte chiuse”.
Surriscaldamento globale passa nel capitolo “Scienza” e non nel più operativo “Mitigazione”
Anche l’impegno a non sforare gli 1,5 gradi di innalzamento della temperatura rispetto all’era pre-industriale subisce un “declassamento”, inserito nel capitolo “Scienza” anziché in quello “Mitigazione”, che avrebbe dovuto rendere più stringenti le misure per ridurre le emissioni. “Quello di Cop27 è un bilancio chiaroscuro – è il commento del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica italiano, Gilberto Pichetto Fratin -. Noi possiamo discutere dei danni che crea il cambiamento climatico, possiamo ragionare sui principi dell’adattamento, ma dobbiamo fermare il fenomeno, e non lo si ferma con operazioni di fondi finanziari. Quindi c’è da sperare che il lavoro in corso, anche gli incontri bilaterali Cina-Stati Uniti, diano un contributo”.