Crisi inflazionistica e rincari delle bollette energetiche e dei beni di prima necessità avranno effetti allarmanti nel Mezzogiorno, il cui Pil nel 2023 subirà una contrazione fino a -0,4%, contro un dato medio italiano che dovrebbe attestarsi intorno al +0,5%. A subire maggiormente le conseguenze sono i nuclei familiari a reddito più basso, quelli per i quali l’incidenza dei costi incomprimibili arriva a coprire circa il 70% dei consumi totali.
Per il Rapporto Svimez 2022, il rischio è che il prossimo anno nel Sud Italia si avranno 500mila poveri in più. Il Rapporto stima “un bacino potenziale di 287mila nuove famiglie (e 764mila individui) in povertà assoluta”. Un incremento che, “corrisponderebbe a “un aumento dell’incidenza della povertà assoluta di 2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno contro lo 0,4 del Nord e lo 0,5 del Centro”.
Nel 2020, a frenare gli effetti devastanti sul piano economico della pandemia, sono intervenuti “i corposi trasferimenti governativi”, che hanno “preservato le condizioni economiche delle famiglie, limitando fortemente la contrazione dei redditi”, con effetti positivi anche nel mitigare le disuguaglianze. Senza le erogazioni le famiglie in povertà assoluta sarebbero state il 9,4% anziché il 7,7%.
L’attuazione del PNRR diventa fondamentale
A interrompere il percorso di ripresa nazionale coeso tra Nord e Sud è stato lo shock energetico che nel 2023 riaprirà, dunque, la forbice di crescita del PIL tra Nord e Sud. Tra le cause strutturali della debole ripartenza meridionale anche i continui restringimenti della base produttiva sofferti dal 2008 dal Sud, che ha sensibilmente ridimensionato la capacità del sistema produttivo dell’area di agganciare le fasi espansive del ciclo economico. Secondo Svimez diventa cruciale mettere in sicurezza l’attuazione del PNRR, consolidandone la finalità di coesione economica, sociale e territoriale; potenziando le misure di accompagnamento degli Enti territoriali nella realizzazione delle opere; rafforzando il coordinamento del Piano con la politica di coesione europea e nazionale e con la politica ordinaria.
I più deficitari sono i servizi scolastici
Il divario con il Nord più “preoccupante” è quello relativo alla scuola, ai servizi dedicati all’istruzione e socio-educativi per l’infanzia, “caratterizzati dall’estrema frammentarietà dell’offerta e da profondi divari territoriali nella dotazione di strutture e nella spesa pubblica corrente utilizzata dalle amministrazioni locali”. “La percentuale di alunni che frequenta a tempo pieno – si legge nel Rapporto – è più bassa nelle regioni meridionali (18,6%) rispetto al resto del Paese (48,5%).
Nel Mezzogiorno circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. In Campania se ne contano 200mila (87%), in Sicilia 184mila (88%), in Puglia 100mila (65%), in Calabria 60mila (80%)”. Circa 550mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66% del totale) non frequentano scuole dotate di una palestra.
Nel 2024 le cose dovrebbero andare meglio
Fortunatamente le previsioni per il 2024 sono più ottimistiche. Dovrebbe essere un anno di ripresa sulla scia del generale miglioramento della congiuntura internazionale. Si stima che il PIL aumenti dell’1,5% a livello nazionale, per effetto del +1,7% nel Centro-Nord e dello +0,9% al Sud. Il dato del Sud, di per sé apprezzabile giacché tornerebbe positivo dopo il calo del 2023, sarebbe comunque sensibilmente inferiore a quello del resto del Paese.