Chi guiderà il Pd non dovrà scendere a compromessi se vorrà invertire la rotta dell’inesorabile declino del partito iniziato ormai 10 anni fa. È una missione quasi impossibile. Quasi. Da qui alle elezioni europee del 2024 dovrà dimostrare che è finito il vecchio andazzo di un Pd fatto di repubbliche autonome, attente più al potere che al consenso, prigioniere di riti, slogan e comfort zone che hanno reso la creatura di Veltroni una brutta copia di se stessa.
La prima rottura dovrà farla con le correnti. Smantellarle tutte anche quelle che hanno sostenuto la sua candidatura, senza crearsene una personale. I cerchi magici finiscono sempre per stringere un cappio intorno al collo di chi li inventa.
Privo di correnti, il nuovo Pd dovrà sbarazzarsi della supponenza tipica della sinistra salottiera, che pensa di essere depositaria di una superiorità etica in base alla quale ad essa è concesso tutto anche quello che i suoi avversari non possono sognarsi di fare pena la condanna morale e il rogo mediatico.
Ma il Pd dovrà scrollarsi di dosso anche la presunta superiorità intellettuale basata su un residuo storicismo deteriore in base al quale il partito pensa di essere sempre dal lato giusto della storia. Serve misurarsi con i problemi concreti, mettere in dubbio certezze e schemi antichi non aver paura di esplorare nuove strade del pensiero riformista, insomma tornare ad elaborare una nuova cultura di governo.
Il nuovo segretario dovrà rompere i ponti con l’estremismo, la demagogia e il populismo -perenne malattia infantile della sinistra- senza dimenticarsi dei lavoratori, degli strati sociali più svantaggiati e degli emarginati. Il Pd deve tornare nelle periferie sociali, avere il polso di una fetta sempre più ampia di società disperata cui resta l’unica illusione di affidarsi al guaritore di turno sapendo che comunque resterà delusa.
Il nuovo Pd dovrà liberarsi della sloganistica stantia o rinnovata che sia tipica del culturalmente corretto e parlare un linguaggio comprensibile a tutti e non solo ai direttori dei giornali amici ospiti dei talk show. Inseguire le mode dell’eloquio fine a se stesso non servirà a dare ossigeno ad un partito che boccheggia proprio perchè soffocato da parole dietro le quali spesso c’è poco o nulla
Il nuovo segretario dovrà evitare di inseguire la galoppata di Giuseppe Conte che, dimentico del suo passato di equilibrato uomo di stato, ha scelto di raccattare il consenso facendo come il Salvini del 2018, parlando alle pance degli elettori, facendo il Robin Hood che fa buchi nei conti pubblici come se a pagarli poi non fossero proprio i ceti più svantaggiati con le loro tasse.
Infine il nuovo segretario dovrà evitare sbandamenti. Renzi e il Terzo Polo sono lì, pronti ad intercettare i delusi da una linea che sbilanci il Pd a sinistra.
Buon lavoro al nuovo segretario.