Anche il Fondo monetario internazionale ritocca vero l’alto le stime della crescita dell’Italia per il 2023, dallo 0,6 allo 0,7%.Il dato emerge dal World economic outlook (Weo), l’indagine del Fondo Monetario Internazionale solitamente pubblicata due volte l’anno sugli sviluppi economici globali nel breve e medio termine. La diagnosi è che stiamo vivendo una ripresa economica lenta, fragile e “rocciosa”. “L’attività economica globale sta registrando un rallentamento diffuso e più marcato del previsto – si legge in una nota del FMI -, con un’inflazione superiore a quella osservata negli ultimi decenni. La crisi del costo della vita, l’inasprimento delle condizioni finanziarie nella maggior parte delle regioni, l’invasione russa dell’Ucraina e la persistente pandemia di COVID-19 incidono pesantemente sulle prospettive. Si prevede che la crescita globale rallenterà dal 6,0% nel 2021 al 3,2% nel 2022 e al 2,7% nel 2023. Questo è il profilo di crescita più debole dal 2001, ad eccezione della crisi finanziaria globale e della fase acuta della pandemia di COVID-19”.
L’inflazione cala lentamente. Centrati obiettivi nel 2025
Il Pil mondiale quest’anno aumenterà del 2,8% prima di accelerare leggermente al 3% l’anno prossimo, si tratta comunque di valori più bassi di 0,1 punti rispetto alle proiezioni di gennaio. Alcuni segnali positivi vengono dalla graduale ripresa, seppur lenta, dalla pandemia e dalla guerra russo-ucraina e dalla attenuazione dei problemi nella catena dell’approvvigionamento, anche se sembrerebbe sia la Cina a beneficiarne maggiormente. Anche l’inflazione dovrebbe tornare a convergere verso gli obiettivi auspicati dai Governi come risultato dei massicci inasprimenti della politica monetaria da parte della maggior parte delle banche centrali. “L’inflazione globale scenderà – dice l’FMI -, anche se più lentamente di quanto inizialmente previsto, dall’8,7% dello scorso anno al 7% di quest’anno e al 4,9% nel 2024”. Nella maggior parte dei casi, il ritorno dell’inflazione all’obiettivo è improbabile prima del 2025.
In calo prezzi dei combustibili ma tassi di interesse restano alti
Sembrerebbe scongiurata anche una diffusa recessione giacché i prezzi dei combustibili e delle materie prime non combustibili, principali responsabili delle turbolenze dell’attività economica globale, dovrebbero calare per una riduzione della domanda. “Il prezzo del greggio è previsto in discesa di circa il 24% nel 2023 e di un ulteriore 5,8% nel 2024, mentre i prezzi delle materie prime non combustibili dovrebbero rimanere sostanzialmente invariati”. In ultima analisi, però, l’Fmi resta estremamente cauto, parla di “prospettive anemiche”, che “riflettono gli orientamenti politici restrittivi necessari per ridurre l’inflazione, le conseguenze del recente deterioramento delle condizioni finanziarie, la guerra in corso in Ucraina e la crescente frammentazione geoeconomica”. L’ipotesi è che i tassi di interesse globali rimarranno elevati, più a lungo di quanto previsto al momento della pubblicazione del WEO dell’ottobre 2022, perché le banche centrali resteranno concentrate sull’inflazione e sulla stabilità finanziaria mentre i Governi ritireranno gradualmente il sostegno alla politica fiscale, con il calo dei prezzi delle materie prime, ridimensionando i pacchetti destinati a proteggere le famiglie e le imprese dagli effetti dei picchi dei prezzi dei carburanti e dell’energia nel 2022.
La situazione resta precaria
Peraltro – continua il Weo – “sotto la superficie, le turbolenze stanno crescendo e la situazione è piuttosto fragile, come ha ricordato il recente periodo di instabilità bancaria”. In questo contesto “i rischi per le prospettive sono fortemente orientati al ribasso, con un netto aumento delle possibilità di un ‘atterraggio duro'” per l’economia mondiale.