Per noi che affondiamo le nostre radici nella seconda metà del ‘900, per ogni cittadino della Repubblica italiana la scomparsa del Presidente Emerito della Repubblica, Senatore Giorgio Napolitano, oltre che una ragione di lutto e di cordoglio rivolto alla famiglia, è motivo di riflessione sugli anni della politica e della vita istituzionale dell’Italia.
La visione nuova del Paese
Giorgio Napolitano è stato un protagonista nel Pci per le sue idee innovative e socialdemocratiche che gli valsero l’appellativo – assieme ad altri dirigenti di minoranza del suo partito – di “Migliorista”, ad intendere una apertura verso le ragioni innovative dell’economia, della produzione, dello sviluppo e delle imprese. Con pazienza riuscì a coniugare una militanza di partito spesso difficile con una lungimiranza istituzionale che guardava al futuro dell’Italia. Dagli anni di formazione di partito rimase sempre interprete dei sentimenti dei lavoratori. Eletto alle più alte cariche dello Stato, Presidente della Camera, Senatore a vita, Presidente della Repubblica per due mandati, nella vita di Giorgio Napolitano si dipana la storia della seconda metà del Novecento. Dal dopoguerra agli anni della rinascita democratica, il suo pensiero ha attraversato tutta la complessità delle storie politiche, dei traguardi raggiunti con lo sviluppo economico, fino alle speranze di nuove generazioni. Va riconosciuto al presidente Napolitano di aver interpretato significative battaglie per lo sviluppo sociale, per la pace e il progresso dell’Italia e dell’Europa.
Franchezza e lealtà
Sicuramente nel suo impegno istituzionale Giorgio Napolitano ha saputo coniugare il dialogo con tutte le culture e le aree politiche. La sua dote speciale è stata la capacità di agire con intelligenza e tenacia, a tutela dei cittadini e della Costituzione. C’è un momento nella storia recente dell’Italia e nelle scelte fatte che comunque vanno ricordate proprio in onore della franchezza e lealtà con cui l’uomo politico Napolitano amava discutere e confrontarsi.
Un errore che va ricordato
Una riflessione va fatta su ciò che accadde nell’autunno del 2011 quando Napolitano decise di affidare l’incarico per la formazione di un Governo tecnico al professor Mario Monti. Si disse, e ancora oggi si ripete, che si preferì evitare le elezioni anticipate che si scelse prima il Paese poi le richieste dei partiti. In questa ricostruzione è necessario ricordare, per correttezza, anche l’intervento a gamba tesa fatto contro presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Come è noto la crisi venne aperta dalla lettera che la Bce indirizzò al Governo italiano. Una missiva con quel particolare irragionevole tono di “urgenza” imbastita con frasi lapidarie, riprese poi ovunque come slogan contro le decisioni economiche e politiche del Governo. Nel testo la Bce addusse un motivo discutibile. “Il Consiglio direttivo”, era un passaggio della missiva, “ritiene che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori”. Aprendo così in modo forzato uno scenario catastrofico allora inesistente. Oltre alla Bce si registrò come Francia e Germania intervennero in modo scorretto sul Governo italiano e sul presidente del Consiglio. La pretesa era quella di arginare una tempesta economica che si sarebbe abbattuta sull’Italia e su Berlusconi. Di fronte a questo scenario la scelta di Napolitano (che creò un risentimento anche nel Centrosinistra e nell’allora Pds, che tra l’altro nei sondaggi era dato per vincente), cadde sul tecnico professor Mario Monti che venne insediato a Palazzo Chigi. I risultati non erano quelli annunciati e sperati, ad iniziare dalle riforme, prima tra tutte, quelle della Previdenza a firma Fornero.
Gratitudine e affetto
Sono passati anni e tanta acqua è scivolata sotto i ponti. Sappiamo che ogni decisione non è mai facile ed ha un suo rovescio. Vogliamo quindi ricordare e testimoniare ancora di più e in ragione della nostra storia editoriale, come Giorgio Napolitano sia stato garante delle istituzioni, di come abbia svolto una convinta opera europeistica e di rafforzamento dei valori della vita democratica dell’Italia. Di lui sono state unanimemente apprezzate la gentilezza, la sua umanità e perseveranza. Ha combattuto con trasparenza cristallina i pregiudizi, ha difeso i valori di solidarietà affermandoli nel percorso della sua intera vita sia da militante politico che da Capo dello Stato. Ha incentivato la crescita economica, difeso lo sviluppo sociale, la pace e il progresso dell’Italia. Di questo gli siamo sinceramente riconoscenti e lo ringraziamo con gratitudine e affetto.