Confidustria, l’Associazione delle imprese italiane, ha ridotto le sue stime economiche per il futuro del Belpaese. Secondo il Centro Studi dell’organizzazione la crescita del Pil per il 2024 è stata abbassata al +0,5% (la stima di marzo era di +1,2%). Questo segna un notevole rallentamento rispetto alle aspettative iniziali e riflette una situazione economica complessa. Il rallentamento della crescita è stato attribuito all’effetto negativo dei tassi di interesse elevati, che hanno impatto sulle imprese e sulle famiglie. Inoltre, la dinamica negativa nel commercio internazionale ha aggiunto ulteriori sfide all’economia italiana.
L’impatto dell’inflazione
Un altro elemento chiave è l’inflazione, che ha avuto un forte impatto sull’economia negli ultimi anni. Tuttavia, Confidustria prevede un suo graduale rallentamento nei prossimi mesi. Secondo le stime, l’inflazione si attesterà, in media, al +5,8% nel 2023, con una revisione al ribasso di -0,5 punti rispetto alle previsioni di marzo. Questo rappresenta un notevole miglioramento rispetto all’anno precedente, quando l’inflazione aveva raggiunto il +8,1%.
Consumi deboli
La spesa delle famiglie è attesa rimanere quasi ferma nella seconda metà del 2023. Ciò comporterà una crescita in media d’anno pari al valore già acquisito di +1,2%. I consumi delle famiglie torneranno ad aumentare nel 2024, con più slancio nella seconda metà dell’anno, sulla scia della discesa dell’inflazione e, quindi, del recupero del potere d’acquisto, oltre che sospinti da un miglioramento delle condizioni economiche e da una dinamica salariale più sostenuta, e registreranno in media d’anno una crescita di +0,6%.
Investimenti in calo
Gli investimenti fissi lordi sono attesi crescere moderatamente nel 2023 (+0,5%), al di sotto dell’acquisito al 2° trimestre (+0,8%). La dinamica è attesa in ulteriore peggioramento nel 2024: -0,1% la stima di Confcommercio, in forte ridimensionamento rispetto agli anni scorsi (crescevano del 9,7% nel 2022 e invece saranno fermi nel 2024), per effetto soprattutto di una perdurante intonazione restrittiva della politica monetaria, che sta avendo un impatto più profondo dell’atteso e continuerà ad averlo per un periodo più lungo, e anche del minor ammontare di investimenti realizzati con il Pnrr rispetto a quanto programmato nel Def di aprile scorso. In prospettiva, i segnali provenienti dai dati qualitativi più recenti prefigurano un ulteriore calo degli investimenti nel breve termine. Il sentiment delle imprese si è affievolito, con l’indice di fiducia che è diminuito nel 3° trimestre a 106,8 da 108,9. Al rialzo, agirà sugli investimenti l’utilizzo delle risorse del Pnrr e il recupero dei profitti, documentato almeno fino al 2° trimestre 2023: in questo scenario di previsione si assume un utilizzo solo parziale delle risorse del Piano rispetto a quanto programmato per il 2023 e 2024 nel Def di aprile scorso e quindi la spinta agli investimenti per quanto cospicua, sarà nettamente inferiore nel biennio rispetto a quanto stimato avendo come base le risorse programmate nel Def 2023. Per quanto riguarda l’effetto sulla crescita, lo studio stima che con un PNRR pienamente attuato, il Pil italiano nel 2026 (cumulato in 6 anni, dal 2021) sarebbe più elevato del +2,8% e gli investimenti più elevati dell’11,1%.