Dissesto idrogeologico: nel periodo 2013-2019 sono stati spesi 20 miliardi di euro per le emergenze e solo 2 per la prevenzione. Per mettere in sicurezza i territori bisogna adeguare la pianificazione alle nuove mappe di rischio e investire nei prossimi anni almeno 26 miliardi. È quanto è emerso, tra l’altro, dal nuovo Policy Brief “Politiche di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico. Valutazioni e proposte” proposto dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (Asvis) al quale ha preso parte il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci. Secondo il ministro “l’obiettivo essenziale è pianificare prima ancora di intervenire, quando non si è in emergenza, con 100 interventi, 100 infrastrutture strategiche di carattere nazionale, identificati dalle Autorità di bacino che sono quelle che conoscono meglio i territori. E poi occorre una sub-pianificazione di infrastrutture a livello locale, meno strategiche, che possono essere gestite dalle Regioni”. Per Musumeci oltre a una problema culturale – la difficoltà di far passare il messaggio dell’importanza della messa in sicurezza dei territori alle comunità locali – c’è anche un problema di frammentazione delle risorse e degli interventi.
Adeguare la prevenzione
Per ridurre le morti e i danni provocati dalle catastrofi e mitigare le conseguenze devastanti della crisi climatica sui territori e sulle persone che lo abitano è urgentissimo adeguare in via straordinaria la pianificazione di bacino tramite i Piani per l’Assetto Idrogeologico (PAI) alle nuove mappe di pericolosità. Questa pianificazione deve essere sovraordinata rispetto alla pianificazione urbanistica comunale e tenere conto delle mappe dei rischi contenute nei Piani Gestione Rischio Alluvioni (PGRA) delle Autorità di bacino distrettuali.
Un miliardo l’anno
Le proposte di Asvis Redatto dal Gruppo di lavoro Asvissul Goal 11 “Città e comunità sostenibili” il Policy Brief avanza una serie di proposte per affrontare con una visione sistemica la questione del dissesto idrogeologico, tra le quali: l’individuazione di una procedura uniforme per la gestione delle fasi di emergenza e ricostruzione; l’applicazione del modello della “resilienza trasformativa” alla fase di ricostruzione, evitando di realizzarla senza tenere conto dei rischi, come fatto nel passato; la necessità di triplicare la capacità di spesa per interventi di prevenzione del rischio idrogeologico segnalati dalle Regioni e di competenza del MASE, portandola rapidamente a un miliardo di euro l’anno rispetto agli attuali 300 milioni circa.
Comuni a rischio
l Policy Brief sottolinea che il 93,9% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni e/o erosione costiera, un fattore che rende vulnerabile almeno 1,3 milioni di abitanti per
le frane e 6,8 milioni per le alluvioni, come indicato dall’ISPRA1, che ha anche calcolato (Rapporto ReNDiS 2020) come nel periodo 1999-2019 il Ministero dell’Ambiente abbia finanziato oltre 6mila interventi per un totale di oltre 6,5 miliardi di euro, con una spesa media annua che si è attestata a 329 milioni di euro. Si tratta di risorse del tutto insufficienti, poiché le richieste di interventi inevase a quella data risultavano pari a 26 miliardi di euro il che rappresenterebbe una stima del costo teorico per la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale. Per questo Asvis propone di triplicare la capacità di spesa portandola ad almeno 1 miliardo l’anno. Per quanto riguarda il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale” – il cosiddetto ProteggItalia, varato nel 2019 e tutt’ora in vigore – l’Asvisricorda che la Corte dei Conti ha segnalato che esso non ha unificato i criteri e le procedure di spesa, anche in relazione al Pnrr, né individuato strumenti di pianificazione territoriale efficaci, mentre permangono un’inaccettabile lentezza dei processi decisionali e di quelli attuativi, nonché le difficoltà delle amministrazioni centrali e locali ad utilizzare i fondi stanziati.