L’AI amica della sostenibilità. Da maneggiare con cura

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Lo sviluppo sostenibile di un Paese poggia su tre dimensioni– economica, sociale ed ecologica – che devono essere compenetrate secondo una visione olistica in cui tutto e tutti sono interconnessi. A stabilirlo è l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sottoscritta nel settembre 2015 da più di 150 leader internazionali. Per porre fine alla povertà, lottare contro le diseguaglianze e raggiungere uno sviluppo sociale ed economico per costruire società pacifiche entro l’anno 2030 e contrastare i cambiamenti climatici causati dal dissesto planetario è necessario centrare 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (OSS/SDGs, Sustainable Development Goals). L’interrogativo ora è quanti di questi possono trarre vantaggi dall’Intelligenza Artificiale.

Secondo gli autori del Rapporto “L’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile”, realizzato dall’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA), l’Associazione Comunità, Impegno, Servizio, Volontariato (CISV) e il Dipartimento di Informatica dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, l’IA offre molte opportunità per accelerare la transizione ecologica, tanto che più di 50 Stati hanno già pubblicato strategie di ricerca, sviluppo e applicazione di tale tecnologia. Tra questi anche l’Italia.

Se si osservano da vicino i 17 macro Goals (Sconfiggere la povertà, Sconfiggere la fame, Salute e benessere, Istruzione di qualità, Parità di genere, Acqua pulita e servizi igienico-sanitari, Energia pulita e accessibile, Lavoro dignitoso e crescita economica, Imprese, innovazione e infrastrutture, Ridurre le disuguaglianze, Città e comunità sostenibili, Consumo e produzione responsabili, Lotta contro il cambiamento climatico, Vita sott’acqua, Vita sulla Terra, Pace, giustizia e istituzioni solide, Partnership per gli obiettivi) sembrerebbe che l’AI possa davvero avere un ruolo fondamentale.

Povertà zero

Per raggiungere la “povertà zero” (SDGs1), ad esempio, è necessario partire dal censimento delle persone in difficoltà nel mondo, ma non basandosi solo sull’aspetto economico che non sarebbe esaustivo, quanto sull’intera galassia di condizioni che concorrono all’accesso al benessere, a partire dalle condizioni d’istruzione, di salute, di qualità del cibo e di alloggio, di accesso ai servizi e alle informazioni fino al grado di impoverimento delle reti sociali e molte altri elementi. Parliamo di una mole enorme di dati multidimensionali da rilevare, analizzare, incrociare statisticamente, per i quali il machine learning sembrerebbe l’unica risposta possibile. L’Ai può, dunque, aiutarci a misurare la povertà nelle sue varie declinazioni usando dati satellitare, ma anche attraverso app su smartphone; prevenire impatti su fasce di popolazione deboli; concorrere a creare sistemi di ottimizzazione delle risorse scarse e fornire supporto alle decisioni politiche.

Fame zero

Per ottenere, invece, l’obiettivo “fame zero” (SDGs2), molto si basa sulla agricoltura dove l’Ai davvero può molto, attraverso tutto il sistema di sensori IOT e telecamere che permettono di monitorare i terreni, i loro bisogni di acqua per una irrigazione contingentata e per la capacità predittiva delle malattie che evita continue disinfestazioni. In poche parole, niente sprechi di acqua e meno pesticidi. Secondo il rapporto della Fao del 2020 “The State of Food Security and Nutrition in the World”, 690 milioni di persone (circa l’8,9% della popolazione mondiale) soffrono la fame, cui rischiano di aggiungersi fino a 150 milioni di persone in più per gli effetti del Covid 19. Secondo il capo economista della Fao, Maximo Torero, “il mondo produce cibo a sufficienza per tutti, quindi è inaccettabile che 690 milioni di persone siano denutrite, due miliardi non abbiano accesso regolare a quantità sufficienti di cibo sicuro e nutriente e tre milioni non possano permettersi una dieta sana”. Le risposte sono affidate alla tecnologia, all’innovazione e all’istruzione. Ed è, infatti, proprio l’Ai che può suggerire quelle azioni intelligenti e sistematiche ricercate da Qu Dongyu, direttore generale della Fao, che permettono di adottare misure per “evitare che i raccolti marciscano nei campi a causa della mancanza di mezzi efficienti” e promuovendo l’uso “di strumenti digitali e di intelligenza artificiale, al fine di prevedere i possibili pericoli per la produzione, assicurare il raccolto e ridurre i rischi legati al clima”, proteggendo la biodiversità dall’erosione incessante.

Salute e benessere

Per ottenere, invece, l’obiettivo “fame zero” (SDGs2), molto si basa sulla agricoltura dove l’Ai davvero può molto, attraverso tutto il sistema di sensori IOT e telecamere che permettono di monitorare i terreni, i loro bisogni di acqua per una irrigazione contingentata e per la capacità predittiva delle malattie che evita continue disinfestazioni. In poche parole, niente sprechi di acqua e meno pesticidi. Secondo il rapporto della Fao del 2020 “The State of Food Security and Nutrition in the World”, 690 milioni di persone (circa l’8,9% della popolazione mondiale) soffrono la fame, cui rischiano di aggiungersi fino a 150 milioni di persone in più per gli effetti del Covid 19. Secondo il capo economista della Fao, Maximo Torero, “il mondo produce cibo a sufficienza per tutti, quindi è inaccettabile che 690 milioni di persone siano denutrite, due miliardi non abbiano accesso regolare a quantità sufficienti di cibo sicuro e nutriente e tre milioni non possano permettersi una dieta sana”. Le risposte sono affidate alla tecnologia, all’innovazione e all’istruzione. Ed è, infatti, proprio l’Ai che può suggerire quelle azioni intelligenti e sistematiche ricercate da Qu Dongyu, direttore generale della Fao, che permettono di adottare misure per “evitare che i raccolti marciscano nei campi a causa della mancanza di mezzi efficienti” e promuovendo l’uso “di strumenti digitali e di intelligenza artificiale, al fine di prevedere i possibili pericoli per la produzione, assicurare il raccolto e ridurre i rischi legati al clima”, proteggendo la biodiversità dall’erosione incessante.

Transizione energetica e terre rare

In campo energetico, l’Agenzia internazionale dell’energia ha recentemente fatto sapere che l’AI e l’energia pulita sono la nuova power couple,  fatte, cioè, l’una per l’altra. I modelli di intelligenza artificiale, infatti, saranno utili alla gestione di reti elettriche più vaste e complesse di quelle attuali, caratterizzate da una vasta produzione di dati e dalla necessità di prevedere i livelli di domanda-offerta per massimizzare l’efficienza delle fonti rinnovabili. Ma l’AI può dare un aiuto importante anche nella fase preliminare della transizione verde: quella del ritrovamento di materie prime e della scoperta di materiali intermedi, fondamentali per la decarbonizzazione. L’intelligenza artificiale può rendere più efficace l’esplorazione mineraria, sfruttando i big data per prevedere la posizione dei giacimenti e ridurre i rischi di investimento. Tra le startup attive in questo campo la più famosa è probabilmente KoBold Metals, finanziata da grossi imprenditori come Bill Gates, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg attraverso il fondo Breakthrough Energy Ventures, istituito da Gates e dedicato alle tecnologie pulite. Alla transizione ecologica servono batterie più performanti, soprattutto per le macchine elettriche e le turbine eoliche, pannelli solari più efficienti, sistemi per abbattere le emissioni dell’industria siderurgica e chimica, per le quali sono necessarie grandi quantità di metalli, come litio, nichel, terre rare, argento, rame e non solo, il cui possesso stabilirà i nuovi equilibri geopolitici.

Sicurezza

Tutto questo poi sarà reso possibile solo e soltanto se sarà garantita la sicurezza senza la quale i Paesi non potranno essere stabili, produttivi e competitivi. Qui glialgoritmi predittivi dotati di machine learning potranno aiutare a prevenire i reati sorvegliando attentamente le aree a rischio e analizzando allarmi geo-referenziati.

Il problema etico

Ma come tutte le medaglie, anche la nuova tecnologia presenta una altra faccia. Esistono, infatti, delle contro indicazioni di cui dover tener conto. L’AI può accrescere il livello di diseguaglianza aumentando, ad esempio, il livello di disoccupazione sostituendo in alcune funzioni l’uomo o limitando l’accesso di persone povere a servizi assicurativi e di prevenzione. I consumi di energia per alimentare le macchine possono non essere sostenibili. Non avendo una coscienza etica, può discriminare in base all’etnia, al genere, a parametri di povertà o per opera dei bias (pregiudizi) di cui le macchine non sono esenti perché “istruite” dagli uomini. Tutto dipenderà, dunque, da chi la governerà.