Madrina del Capalbio Film Festival, l’attrice si dice preoccupata per l’industria cinematografica. Non esiste un tavolo aperto con le istituzioni, “non siamo mai chiamati davvero in causa”. E ironizza sul suo esordio alla regia: “Ha accresciuto un po’ la mia autostima, che però partiva bassa”
Anche Margherita Buy al Capalbio Film Festival 2024, nel ruolo , per la terza volta, di madrina della manifestazione. L’attrice, tra le più premiate in Italia, senza abbandonare la sua proverbiale ironia, e soprattutto autoironia, racconta della sua prima esperienza dietro la macchina da presa nel film “Volare”, della voglia di cimentarsi non solo con la regia ma anche con la scrittura, che nel caso della commedia è complicata dalla abilità di far ridere. “Avevamo creato una sorta di ‘risometro’ – ha spiegato sul palco -. Se la risata tra noi autori era lunga si teneva la battuta”. Una difficoltà, quella della comicità, resa ancora più complessa dalla scelta di affrontare un tema delicato come quello delle proprie fobie.
A spingerla è’ stata “la voglia di confrontarsi con le proprie paure e l’idea di riuscire in qualche modo a superarle”, ha spiegato poi la Buy ai giornalisti, con la speranza che insomma “esiste una possibilità per tutti di superare le difficoltà” soprattutto “attraverso gli altri, cercando una qualche solidarietà, che è poi la cosa che forse aiuta sempre tutti, l’ascolto degli altri, per non sentirsi diversi e soli”. “A me è capitato – ha aggiunto – e l’ho affrontato in questo modo, anche attraverso l’ascolto di altre persone che come me avevano lo stesso problema”. “Per me il tema era importante, anche se affrontato in una maniera molto semplice, molto leggera, che poi magari non lo è”.
Sullo stato di salute del cinema però si è detta molto preoccupata. “Ho molta paura, soprattutto per i giovani e per chi vive veramente di questo lavoro. Tutte produzioni sono bloccate, si fanno ipotesi di interventi ma poi è come se si tornasse indietro su alcune posizioni che in passato hanno favorito molti progetti e che hanno dato la possibilità anche a tante persone di fare dei bellissimi film che altrimenti non si sarebbero magari mai fatti. Bisogna riflettere un po’ di più e sbrigarsi a far ripartire le produzioni”. “Sembra quasi che l’industria cinematografica non sia importante, almeno tanto quanto altre industrie. E’ sempre qualcosa di incredibile, non me lo spiego, come se noi non fossimo credibili da questo punto di vista, noi con il nostro lavoro e quello delle maestranze”.
Per la Buy bloccare un settore così è assurdo. L’impressione è che le istituzioni non abbiano voglia di occuparsi in questo momento di un problema del genere. “Ma non va bene – insiste l’attrice, il cinema è qualcosa di trasversale, che dà da mangiare a tantissime di persone”. “Facciamo delle cose bellissime, lavoriamo tanto. Alcune cose sono più belle altre meno, ma ci sono state produzioni in passato cui nessuno avrebbe dato credibilità, che sulla carta magari dicevano non avrebbero fatto una lira e che, invece, si sono dimostrate interessanti ed esportate in tutto il mondo”.
Forse esiste un problema di poca unione anche nel mondo del cinema, sembra che ci sia una solidarietà che in realtà poi alla fine non c’è? “No, non è vero. La realtà è che siamo poco interpellati e non essere interpellati non crea il confronto. Non esiste un dialogo aperto con le istituzioni e le associazioni di categoria, non siamo mai veramente tirati in ballo”.
Ha voglia di fare un’altra commedia? “Sì, anche se concordo sul fatto che le commedie sono molto difficili da scrivere, quindi magari faccio un’altra cosa prima. Però mi piace l’idea di fare ridere anche con degli argomenti che non sono, diciamo, potenzialmente comici”. E un secondo decollo alla regia ci sarà? “ Penso di si”.