Sicurezza alimentare a rischio
Il 2024 ha registrato un drammatico aumento delle allerte alimentari legate ai cibi importati in Italia, con una media di più di un allarme al giorno, segnando un incremento del 75% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo dato emerge dall’analisi di Coldiretti sui dati del Rasff, il sistema europeo di allerta rapido per la sicurezza alimentare, presentata in occasione della Giornata per la sicurezza alimentare indetta dall’Onu. Dall’inizio dell’anno fino ai primi di giugno, sono state notificate in Italia ben 208 allerte sanitarie. Tra i principali rischi identificati figurano prodotti contaminati con metalli pesanti, pesticidi oltre i limiti consentiti, sostanze vietate in Europa e la presenza di batteri pericolosi. Questi numeri preoccupanti evidenziano l’importanza della sicurezza alimentare per la tutela della salute pubblica e la necessità di una maggiore consapevolezza tra i consumatori.
La Cina è risultata il principale Paese d’origine dei cibi contaminati, con quasi un quarto delle allerte totali provenienti da lì. Seguono la Spagna, dove i prodotti ittici, in particolare il tonno, sono spesso risultati contenere residui di mercurio oltre i limiti consentiti, e la Turchia, con frequenti casi di aflatossine nei pistacchi, un problema condiviso anche con l’Iran.
Altri episodi
Gli ultimi episodi che hanno acceso i riflettori della cronaca hanno riguardato prodotti provenienti dalla Cina e dalla Turchia. Coldiretti ha organizzato due significativi blitz al porto di Bari e Salerno, mettendo in atto una campagna di sensibilizzazione e protezione a difesa della salute dei cittadini. Questa battaglia ha avuto origine al Brennero, dove oltre 10mila produttori italiani si sono mobilitati per richiamare l’attenzione sulla questione. Tra i prodotti dannosi, si va dai fagioli del Bangladesh con il Chlorpirifos, sostanza bandita in Ue che si ritrova anche nel riso basmati proveniente dal Pakistan, ai polpi indiani e alle seppie congelate albanesi al cadmio. Ma ci sono anche – continua Coldiretti – tonno spagnolo al mercurio, ostriche portoghesi col norovirus, carne di anatra ungherese alla salmonella, solo per fare alcuni esempi. Ai rischi sanitari per i cittadini si aggiunge peraltro il problema della concorrenza sleale ai danni degli agricoltori italiani ed europei poiché l’Ue – denuncia Coldiretti – continua a permettere l’ingresso di prodotti che non rispettano le stesse regole in fatto di sicurezza alimentare, rispetto dei diritti dei lavoratori e tutela dell’ambiente. Basti pensare all’utilizzo di pesticidi banditi da decenni nel nostro Continente. Un quarto di quelli usati negli Stati Uniti risulta vietato nella Ue e le percentuali salgono se si tengono in conto i paesi del Sudamerica, secondo il Centro Studi Divulga. Ma sono tanti anche i prodotti alimentari che ogni giorno finiscono sulle nostre tavole accusati di essere coltivati e ottenuti grazie allo sfruttamento di bambini, dal Sudamerica all’Asia fino alla vicina Turchia, secondo l’analisi della Coldiretti sui dati del Dipartimento del lavoro Usa. Si va dalle banane dal Brasile al riso birmano, dalle nocciole turche ai fagioli messicani, dal pomodoro cinese fino alle fragole dall’Argentina e ai gamberetti tailandesi.
Reciprocità delle regole
“Serve il principio di reciprocità delle regole”. Da qui la richiesta di Coldiretti di affermare in Europa il principio di reciprocità, ovvero stesse regole uguali per tutte a partire dai fattori di produzione, e di trasparenza ai consumatori, con l’introduzione dell’etichettatura obbligatoria dell’origine su tutti i prodotti alimentari in commercio nella Ue. “Ma per evitare che gli stessi prodotti stranieri vengano addirittura spacciati per italiani serve anche modificare il codice doganale sull’origine dei cibi, che permette oggi di diventare Made in Italy un prodotto grazie al principio di ultima trasformazione sostanziale”. “Da difendere ci sono i primati della filiera agroalimentare italiana in fatto di qualità e di sicurezza, come confermato anche dall’ultimo Rapporto Efsa secondo il quale – conclude Coldiretti – i cibi e le bevande importati in Italia sono 5 volte più pericolosi di quelli Made in Italy con il numero di prodotti agroalimentari stranieri con la presenza di residui chimici irregolari che è stato pari al 2,6% rispetto ad appena lo 0,5% di quelli nazionali”.