Dal costo maggiorato della pasta fatta con grano importato con glifosato contestato dai produttori Made in Italy. L’inflazione che si abbatte sui risparmi e conti di famiglie e piccole imprese. Il rischio di finire tra i 16 milioni segnalati nella Crif.
La pasta costa di più, il prezzo del grano crolla, gli agricoltori italiani in forte difficoltà protestano, mentre arrivano navi di frumento dal Canada con produzioni che fanno uso di pesticida glifosato proibito in Italia. Sono le ragioni giuste e da sostenere degli agricoltori che hanno svolto un blitz al porto di Bari davanti a una nave carica di grano arrivata da Vancouver. Le proteste dei produttori sono raccontate dalla Coldiretti.
La Puglia è la principale regione produttrice di grano, con 10 milioni di quintali raccolti in media all’anno. “Sotto accusa le manovre speculative con un deciso aumento delle importazioni di grano duro dal Canada”, spiega la Coldiretti. Un import a danno dei produttori italiani balzato a +747%, passando da 33,8 milioni di chili dello scorso anno ai 286,2 milioni raggiunti nei primi due mesi del 2023. C’è inoltre un altro aspetto che va evidenziato e sottolineato.
“In Canada il grano”, ricorda la Coldiretti, “viene coltivato utilizzando glifosate in preraccolta come disseccante, secondo modalità vietate in Italia”.
La rabbia degli agricoltori
Oltre la beffa dei costi che si traducono in un aumento sproporzionato del prezzo della pasta, si aggiunge il danno di avere un grano che in Italia non potrebbe essere immesso sul mercato perché trattato. La Coldiretti affronta il tema del Made in Italy in modo chiaro, e puntualizza: “si scontra con anni di disattenzione e di concorrenza sleale delle importazioni dall’estero, soprattutto da aree del pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore in Italia”.
A sostegno del Made in Italy e dei produttori prendiamo le loro difese e, volentieri riferiamo gli slogan degli agricoltori che hanno innalzato cartelli e striscioni per sottolineare il loro disappunto. “Ci vogliono 4 chili grano per 1 caffe”, “Stop grano al glifosate”, “Stop speculazioni”, “Stop grano giramondo”, “Sos grano made in Italy”, “+747% import grano da Canada”, “Pasta made in Italy ma con grano tricolore”, “Prezzi pasta + 14% ma grano giù del 40%”.
Il rischio di caduta nella Crif
Altro tema di interesse popolare, che coinvolge famiglie e piccole imprese è quello dell’erosione dei depositi bancari e del costo delle rate dei mutui. È l’allarme lanciato dalla Federazione autonoma bancari italiani, la Fabi che sottolinea come i titolari dei 75 milioni di conti correnti e depositi bancari tra famiglie e imprese hanno visto la loro liquidità ridursi di 50 miliardi. È l’effetto inflazione, che nei primi tre mesi del 2023 ha mietuto denaro contante stipato in depositi e risparmi. Una accelerazione che indica come la velocità delle decisioni, prese a livello globale o europeo, come costo energia, e aumenti dei tassi della Bce, comporti un effetto domino sulle tasche dei singoli cittadini e piccole imprese. Basta un dato per capire: il 78,8% depositi bancari è meno di 12.500 euro. Siamo a livelli minimi di risparmio e sono soldi che le famiglie hanno da parte per affrontare ogni genere di emergenza. L’inflazione erode questi pochissimi risparmi, lasciando le persone e le imprese in difficoltà. Al primo problema o bolletta saltata scattano sanzioni e tra queste la tagliola della Centrale rischi finanziari, che significa la fine di ogni possibilità di avere un prestito.
Oggi secondo gli ultimi dati a subire l’imposizione di “cattivo pagatore” sono 16.000.000, sì 16 milioni di Italiani segnalati nelle banche dati di Crif Ctc ed Experian. Insomma buona parte degli italiani. Tutti furbi incapaci di onorare i debiti? Oppure la maggioranza dei segnalati sono persone e imprese che hanno avuto la brutta idea di fare una attività imprenditoriale oppure non aver potuto pagare un debito di poco conto, per le circostanze avverse che assediano le persone? Se passiamo ai numeri delle operazioni finanziarie ci accorgiamo, ad esempio, che la rata di un mutuo in pochi mesi, secondo i del calcoli dell’Associazione difesa consumatori, a gennaio 2022 era di circa 590 euro mensili per un prestito di 138 mila euro da rimborsare in 25 anni, con l’ultimo aggiustamento di marzo dei tassi, la stessa rata è passata nel 2023 a 996 euro, registrando un incremento del 68%.
Il prezzo pagato dagli esclusi
I fatti dicono che la maggioranza delle famiglie e delle piccole imprese, dagli agricoltori all’artigianato, così come il popolo del lavoro autonomo, porta sulle spalle il peso di tutte le incertezze, degli aumenti e delle speculazioni. Il tessuto sociale è destinato a lacerarsi, sarà per questo che la stessa Federazione autonoma dei bancari italiani lancia un allarme con il segretario generale della Federazione, Lando Maria Sileoni. “L’inflazione è la più ingiusta delle tasse, perché colpisce soprattutto chi ha redditi bassi e ha pochi risparmi.
Il rischio, insomma, è quello di vedere aumentare le disuguaglianze sociali”. La Fabi rivela che il potere d’acquisto degli stipendi, è tornato indietro di 25 anni. E parliamo di bancari che chiedono il rinnovo del contratto. La situazione in cui sono cadute milioni di famiglie è ancora più difficile. Fin quando non riusciremo ad invertire la rotta avremo una Italia che magari primeggia a livello europeo come una economia florida, ma facciano attenzione a non farne pagare le spese ai più poveri e a quanti sono esclusi dalla crescita e dal benessere.