Nei prossimi anni l’energia eolica off-shore potrebbe essere la più grande fonte di energia elettrica in Europa. Non a caso, la strategia per le energie rinnovabili off-shore della Commissione Ue prevede un aumento dell’eolico marino in Europa dagli attuali 12 GigaWatt ai 60 GW entro il 2030 e fino ai 300 GW (oltre ai 40 GW di energia oceanica) entro il 2050. Il Mar Mediterraneo ha un buon potenziale per l’energia del moto ondoso e da maree, una diffusa disponibilità per l’utilizzo dei gradienti termici e salini che sfruttano la differenza di concentrazione di sale tra acqua dolce e acqua di mare ma, soprattutto, ha un alto potenziale per l’energia eolica off-shore, per lo più galleggiante data l’elevata profondità del fondale marino.
Dal mare importanti risorse per la transizione energetica green
Il progetto europeo Blue DEAL, cofinanziato con 2,8 milioni di euro dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e che vede coinvolti 6 Paesi (Italia, Croazia, Grecia, Cipro, Spagna, Albania) con capofila il Centro di ricerca Enea, ha calcolato che a Cipro sarebbe possibile installare 300 MegaWatt di eolico off-shore che permetterebbero una produzione di energia pulita di 480 GigaWattora l’anno e una drastica riduzione delle emissioni a 49 gr di CO2 equivalente per kiloWattora da eolico off-shore rispetto ai 400 gr di CO2 equivalente per kWh derivati dal mix energetico italiano. A Creta, invece, in particolare nella regione a nord-est, sarebbe possibile installare parchi di eolico off-shore galleggiante da 300 MW che potrebbero fornire all’isola l’88% di elettricità di cui ha bisogno entro il 2030, con una conseguente chiusura degli impianti a petrolio.
Gli italiani non conoscono il valore della “blue energy”
Intanto, Blue Deal ha creato una piattaforma per studiare il potenziale energetico marino e individuare nel Mediterraneo le aree più adatte per i nuovi impianti. Si tratta di uno spazio virtuale in cui domanda e offerta di blue energy possono incontrarsi e avvalersi di strumenti innovativi come il catalogo delle tecnologie per l’energia blu suddiviso in tre gruppi principali (on-shore, near-shore e off-shore), un software di visualizzazione 3D per la verifica dell’impatto visivo dei potenziali impianti, dalla costa, dal mare e da drone ed infine, una metodologia che definisce i ‘passi’ da seguire per mettere a punto piani di energia dal mare ‘su misura’ che comprendono anche l’impatto ambientale con la quantificazione della CO2 evitata. “Nel Mediterraneo le attività legate al mare generano ogni anno un valore economico di oltre 370 miliardi di euro, circa il 20% del PIL globale annuale – ha spiegato Maria Vittoria Struglia ricercatrice del Laboratorio di modellistica climatica e impatti e responsabile del progetto per ENEA – ma il 57% di 2.000 intervistati ancora non conosce il significato di blue energy”.
Sulle spiagge ancora troppi rifiuti
Sarà questa mancanza di consapevolezza della grande risorsa rappresentata dai nostri mari alla base della mancanza di rispetto dei litorali e delle acque marine. Secondo l’indagine Beach Litter di Legambiente sulle spiagge d’Italia si possono trovare 8 rifiuti ogni passo, di cui l’84% di plastica, soprattutto le monouso appena bandite dalle normative Ue. Al primo posto troviamo bottiglie e contenitori di plastica (inclusi i tappi e anelli); seguono i mozziconi di sigaretta, le reti e attrezzi da pesca e acquacoltura in plastica, i bastoncini cotonati per la pulizia delle orecchie, le cannucce e gli agitatori per cocktail, i contenitori in plastica per alimenti, i bicchieri in plastica e infine le buste di plastica, gli assorbenti igienici e i palloncini di gomma che, seppure censiti in piccole quantità, assumono un notevole peso per il loro impatto ambientale.
Una legge nuova per il recupero dei rifiuti in acqua
Fortunatamente, in soccorso delle acque marine è stata appena approvata la legge Salvamare, la prima in Italia direttamente finalizzata a proteggere il nostro mare e gli specchi d’acqua dolce e a reimmettere nel ciclo produttivo rifiuti recuperati in questi ecosistemi. Saranno premiati i pescatori che recuperano rifiuti di plastica in mare o in acque dolci, non saranno più costretti a ributtarli in acqua, per non essere denunciati addirittura per traffico di illecito di rifiuti, ma potranno portarli in porto, per favorirne lo smaltimento e il riciclo.