Fin dagli Anni ’70 esiste una contabilità ambientale ossia il conteggio dei consumi da parte dell’umanità delle risorse che gli ecosistemi naturali possono rinnovare nel corso di un anno, per monitorare se e quando entriamo in debito ecologico. In altre parole se consumiamo risorse naturali più di quante ne produciamo e di quante la natura sia in grado di rigenerare in 365 giorni.
Di misurare il sovrasfruttamento del Pianeta se ne occupa l’organizzazione internazionale Global footprint network, che ha annunciato che quest’anno l’Earth Overshoot Day, il giorno in cui l’umanità ha finito tutte le risorse a disposizione nel 2022, è stato raggiunto il 28 luglio, con un giorno di anticipo rispetto al 2021 e 5 mesi prima della fine dell’anno. A questo ritmo, sempre più crescente, avremo bisogno, per soddisfare l’intera domanda, di quasi due Pianeti.
L’Italia tra i peggiori
L’Italia è tra i Paesi in cui l’Earth Overshoot Day arriva ancora prima della data globale, avendo esaurito i servizi naturali a disposizione addirittura il 15 maggio. Per l’Italia, cioè, ci vorrebbero 2,7 Pianeti all’anno e 5,3 “Italie” per soddisfare la domanda dei propri residenti. In questo, siamo secondi solo al Giappone. Ma la terra è una sola. Le conseguenze sono evidenti: più di 3 miliardi di persone vivono in Paesi che producono meno cibo di quanto ne consumano e generano meno reddito della media mondiale.
Di conseguenza hanno una capacità alimentare inadeguata ed un enorme svantaggio nell’accesso al cibo sui mercati globali. Fortunatamente ci sono ancora Paesi in cui le risorse vengono terminate a dicembre, come l’Ecuador o la Giamaica, altrimenti l’Earth Overshoot Day arriverebbe per tutti ancora prima.
Divorate le risorse naturali in appena 209 giorni
Da questo momento fino al 31 dicembre produciamo e consumiamo risorse naturali sottraendole alle future generazioni, ipotecando quelle del 2023 e continuando ad indebitarci in modo sempre crescente con il Pianeta, in termini di perdita di biodiversità, foreste e acqua dolce. In cinquant’anni il consumo di risorse è quasi raddoppiato e attualmente l’umanità utilizza il 74% in più di quanto gli ecosistemi possono rigenerare. Il fondatore del Global Footprint Network, Mathis Wackernagel, sostiene che invertire questa tendenza “non è soltanto possibile, ma farlo porterà vantaggi economici a coloro che guideranno il cambiamento”.
Dall’Ecuador l’appello al mondo
Il ministro dell’Ambiente dell’Ecuador, Gustavo Manrique, suggerisce di guardare ai modelli economici più virtuosi per dimezzare gli sprechi alimentari a livello globale, migliorare le infrastrutture ciclabili urbane in tutto il mondo come nei Paesi Bassi e produrre energia con eolico on-shore a costi competitivi, come in Germania e Danimarca. “L’attuale modello economico – fa notare Manrique – basato su produzione e consumo, non è compatibile con l’intenzione di continuare ad abitare questo Pianeta”.
Occorre agire sia sulla Governace mondiale sia sugli stili di vita individuali. Gli effetti di questa spirale negativa sono l’enorme calo della biodiversità, la crescita dei gas serra e l’aumentata competizione per cibo ed energia. Fattori che stanno divenendo sempre più critici con l’incremento delle ondate di calore, degli incendi boschivi, della siccità e delle inondazioni.
“Per proteggere al meglio le nostre risorse naturali e gestirne la nostra domanda – ha aggiunto il ministro equadoregno – è necessario intraprendere azioni concrete congiunte finalizzate a un nuovo modello di sviluppo basato sulla sostenibilità e la rigenerazione”.