Contro il caro Energia scende in campo Confindustria con due proposte, una che prevede, esenzioni fiscali e l’altra che punta ad un aumento della produzione nazionale di gas. A sintetizzare le indicazioni è il Centro studi di Confindustria in un resoconto sui gravi problemi che il caro energia comporta per le imprese italiane. Il ministro Cingolani precisa che la transizione ecologica non c’entra con l’aumento delle bollette e che il governo non può ogni tre mesi intervenire con altre sovvenzioni: “Guardiamo -ha detto Cingolani- alle ipotesi di revisione delle regole dei mercati europei con il graduale spostamento delle rinnovabili su mercati di contrattazione a lungo termine, non legati ai mercati del gas. Ma queste sono cose che non possiamo fare da soli”
Le proposte di Confindustria
Secondo gli analisti del CsC sono possibili nell’immediato una serie di azioni, “sia congiunturali che strutturali”. Come quella di intervenire sulle componenti fiscali e parafiscali della bolletta elettrica e del gas naturale, “aumentando il livello di esenzione per i settori della manifattura, in particolare i comparti energivori a rischio delocalizzazione”. Altra proposta che può essere realizzata in breve tempo è quella di aumentare la produzione nazionale di gas naturale e “riequilibrare, sul piano geopolitico, la struttura di approvvigionamento del Paese”. Nel contempo per ridare margine di autonomia energetica al Paese bisogna per il Centro studi di Confindustria promuovere una riforma del mercato elettrico, “al fine di disaccoppiare la valorizzazione della crescente produzione di energia rinnovabile dal costo di produzione termoelettrica a gas”.
L’impatto sui costi
Per CSC non c’è tempo da perdere, la crescita dei prezzi per l’energia si abbatterà sull’Italia in un momento delicato tra pandemia ancora in corso e l’attuazione del Piano nazionale di Ripresa. “L’impennata della quotazione del gas, in particolare”, calcolano gli analisti del Centro studi, “si è rapidamente trasferita sul prezzo dell’energia elettrica in Italia, facendo lievitare i costi energetici delle imprese industriali: 37 miliardi previsti per il 2022, da 8 nel 2019”.
Il rischio blocco
Oltre si costi da sostenere c’è il problema degli utili e della sopravvivenza economica delle attività produttive. Nelle valutazioni di Confindustria c’è il rischio che il caro energia possa bloccare le imprese italiane. “L’aumento dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali, iniziato dagli ultimi mesi del 2020, è ampio e diffuso”. Proprio per l’ampiezza e la durata dei costi che la crisi ha assunto, “un livello insostenibile per le imprese italiane”, evidenzia il Centro Studi di Confindustria in una nota dal titolo: “I rincari delle commodity, in particolare del gas e dell’energia elettrica, rischiano di bloccare le imprese”. Un livello “che minaccia chiusure di molte aziende in assenza di interventi efficaci. Il prezzo dell’elettricità è più alto che in Francia e altri paesi europei, a seguito delle policy che questi hanno messo in campo. Questi rincari significano anche un marcato aumento della bolletta energetica, pagata dall’Italia ai paesi esportatori”.
Utili ridotti
Per ora la maggiorazione dei costi non è stata trasferita dalle imprese ai clienti, un percorso che però grava maggiormente sulle aziende.
“La sofferenza dei margini è tendenzialmente maggiore nei settori più a valle, quelli che producono beni di consumo, per esempio, abbigliamento e mezzi di trasporto, che sono più vicini alla domanda finale ancora compressa”, ma segnala il CSC, “L’assorbimento dei rincari nei margini delle imprese, fino al loro annullamento, spiega anche perché l’inflazione in Italia rimane più bassa che altrove”.
Inflazione e petrolio
In generale, l’inflazione sta crescendo ovunque, anche in Italia dove è salita del 3,9% annuo, ma c’è una particolarità, “la spinta”, calcola il Centro studi è dovuta “solo dai prezzi dell’energia, restando più bassa di quella dell’Eurozona e degli Usa”. A far crescere l’inflazione sono i prezzi del petrolio che hanno oscillazioni sempre più ampie nei rincari. Lo scenario evidenziato sulle quotazioni del petrolio Brent sono oscillazioni che nel corso del 2022 dovrebbero attenuarsi. “Nel 2022”, calcola il Centro studi, “il Brent è atteso segnare una parziale flessione e quindi i prezzi energetici in Italia dovrebbero curvare gradualmente al ribasso”
Gas e rinnovabili
Tra i principali Paesi europei, l’Italia è quello più esposto al rincaro del gas naturale. “Il mix energetico del Paese privilegia il gas”, calcola la nota del CsC, “il 42% del consumo totale di energia in Italia nel 2020 (cui si somma il 36% di petrolio), contro il 38% nel Regno Unito, lontano dal 26% in Germania (che usa molto carbone), dal 23% in Spagna (che si affida di più al petrolio) e dal 17% in Francia (che conta sul nucleare). Il significativo livello a cui sono giunte le rinnovabili in Italia (sole, vento eccetera), pari all’11% del consumo energetico, meglio dell’8% in Francia, non è abbastanza per contenere il ruolo di gas e petrolio; altri paesi Ue”, sottolinea infine il report di CsC, “sono più avanti su tale fronte (Germania 18%, UK 17%, Spagna 15%), con valori che ne fanno i leader mondiali delle rinnovabili”.