Eni: entro l’anno stop al gas russo. Ancora presto per l’idrogeno

Nel 2024 è possibile che l’Italia raggiunga la piena emancipazione dall’approvvigionamento di gas proveniente dalla Russia che arrivava dai tubi del Tarvisio attraverso il corridoio sud, grazie ai nuovi accordi con i partner africani, a partire dall’Algeria, ma anche Egitto e area subsahariana. Lo ha affermato ieri, in audizione alla commissione Ambiente al Senato, Lapo Pistelli, responsabile dei Rapporti Istituzionali Eni, che tra gli operatori del settore energetico gestiva 20 dei 30 miliardi di metri cubi del gas russo, pari al 40% del fabbisogno nazionale. Quella che rimane ancora troppo bassa è la produzione domestica. Dei 70 miliardi di metri cubi del fabbisogno medio nazionale, i metri cubi autoprodotti si aggirano sui tre miliardi a causa della propensione degli anni passati a esternalizzare.

Alla necessità di incrementare una produzione di energia autoctona bisogna, poi, incrociare l’obiettivo della neutralità carbonica al 2050 per rimanere al di sotto di 1,5 °C. Obiettivo condiviso da Eni, ma non da tutte le compagnie Oil&Gas tradizionali. “Il dibattito negli ultimi due anni – ha commentato il direttore Public Affairs di Eni – ha portato un po’ tutti, finalmente, a giudicare il tema dell’energia da un punto di vista olistico”. “Bisogna guardare all’energia, oggi, in qualsiasi parte del mondo si abiti o qualsiasi ruolo della catena di consumo si occupi, considerando 3 elementi: sicurezza, sostenibilità economica e transizione. Veniamo da anni in cui l’attenzione era prevalente solo a uno di questi termini, poi le emergenze hanno fatto riscoprire il tema della sicurezza”, ma “un Continente squilibrato tra sicurezza e transizione è un continente che soffre gap di competitività di prezzo”.

Tra le categorie di produzione di energia green tradizionale l’eolico offshore galleggiante è quello che sta emergendo per le caratteristiche geografiche del Mediterraneo e delle sue acque profonde. Modalità alla quale sta, infatti, guardando con particolare attenzione anche l’Eni, parallelamente al discorso dei biocarburanti. “Noi abbiamo messo in atto trasformazioni industriali importanti in Italia nel campo dei biocarburanti: non pensiamo che questi siano alternativi alla mobilità elettrica, ma una soluzione complementare. Quando pensiamo alla cattura e allo stoccaggio della Co2 non pensiamo a una cosa che rende impossibile la decarbonizzazione dell’industria, ma pensiamo a quei settori per cui l’elettrificazione dei processi produttivi è impossibile o complicata”, per i quali è necessario avere soluzioni ponte. “Il tema è – ha aggiunto Pistelli – quello di avere una serie di strumenti e riuscire a giocarli secondo un principio di maturità della tecnologia, di sua efficienza economica e della sua capacità di raggiungere gli obiettivi climatici”.

Per quanto riguarda l’idrogeno, la società ha aperto il primo punto di ricarica a idrogeno a Venezia, ma ammette che la mobilità a idrogeno è ancora ampiamente acerba, anche nella disponibilità di modelli tecnicamente intesi. Resta, poi, il dato di fatto che a tutt’oggi, nel mondo, non solo in Europa o in Italia, la prima fonte di generazione elettrica è il carbone (38%). In Asia il carbone per la produzione elettrica pesa addirittura per il 61%. In questo naturalmente pesa la ricchezza del Paese, perché la transizione costa.