Un altro importante passo in favore dello sviluppo delle Comunità Energetiche – l’associazione di enti locali, aziende, attività commerciali o cittadini privati che scelgono di dotarsi di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili e l’autoconsumo basati sulla condivisione – è stato compiuto dal Mase. Dopo l’approvazione della Commissione europea, dal 24 gennaio è, infatti, entrato a tutti gli effetti in vigore il Decreto che stimola la nascita e lo sviluppo di queste Comunità di autoconsumo in Italia. Entro 30 giorni il Ministero dovrà approvare le regole operative che disciplineranno le modalità e le tempistiche di riconoscimento degli incentivi.
Secondo il ministro Pichetto Fratin si tratta di ingranaggi centrali della transizione energetica del Paese: “Oggi siamo ancor più vicini – ha scritto sul portale del Mase – a questo atteso obiettivo, che potrà veramente dare una svolta per lo sviluppo delle rinnovabili in Italia, rafforzandone la sicurezza energetica e avvicinandoci agli obiettivi climatici”. Documenti e guide informative, oltre a canali di supporto dedicati per accompagnare gli utenti nella costituzione delle CER, saranno disponibili sul portale del GSE, che lancerà anche una campagna informativa per rendere consapevoli i consumatori dei benefici legati al nuovo modello.
Un altro importante impulso è venuto dal fatto che volutamente, in sede di recepimento della Direttiva europea RED II (Renewable Energy Directive II), sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, è stato scelto di non blindare la forma giuridica delle CER. La norma, cioè, è stata adottata in maniera elastica, prevedendo solo che la comunità energetica debba essere un soggetto di diritto autonomo, senza predeterminarne la forma giuridica, per permettere anche a pochi soggetti, come ad esempio gli inquilini di un singolo condominio, di accedere ai finanziamenti pubblici. Non esiste, dunque, una forma giuridica migliore rispetto a un’altra, perché esistono comunità energetiche molto piccole, nate per questo come associazioni non riconosciute, che stanno andando comunque bene. L’importante è riuscire a incarnare al meglio lo spirito comunitario con cui sono state pensate e che siano strutture longeve considerato che gli aiuti di Stato non durano vent’anni e che gli investimenti richiesti sono ingenti sia per gli impianti che per la manutenzione. Le associazioni non riconosciute, quantunque ammesse, sembrano, però, essere meno solide da questo punto di vista e presentare dei profili di minore responsabilità.
È evidente, fa notare la responsabile del servizio Ambiente ed energia di Confcooperative, Maria Adele Prosperoni, che la forma cooperativa è quella che sembrerebbe meglio interpretare lo spirito delle Comunità energetiche, che come primo obiettivo hanno quello di produrre benefici ambientali e sociali e valore sui territori. Ma l’importante è che questo modello sviluppi il più possibile. “All’inizio – dice Prosperoni – ritenevamo importante che si strutturasse una normativa che desse massima garanzia anche sulla forma giuridica. Si è scelto un criterio di flessibilità che va benissimo, perché consente l’avvio di comunità energetiche ad ampio spettro”.
Nonostante il particolare impegno profuso dalla stessa Confcooperative negli ultimi tre anni per la promozione delle CER, fino ad oggi bisognava superare lo scoglio del decreto incentivi, che condizionava chiaramente la partenza effettiva delle comunità energetiche. “Il tema degli incentivi – ricorda Prosperoni – condiziona il business plan, soprattutto se la Comunità è strutturata in forma di impresa. Ne condiziona ilbilancio e il rapporto costi benefici, così come la dimensione. Con questo Decreto finalmente il quadro normativo e tecnico di riferimento sarà completo e sarà possibile concretizzare i progetti in discussione sui molteplici tavoli aperti fino ad ora. L’auspicio è che il 2024 possa essere l’anno delle vere comunità energetiche, costituite secondo logiche comunitarie e di vera sostenibilità”.