Nato come costola dell’associazione Slow Food, che da anni è impegnata a promuovere un cibo buono, pulito e giusto per tutti, Slow Fiber propone lo stesso percorso e gli stessi valori nell’ambito del abbigliamento e dell’arredamento, per rilanciare la bellezza abbinata all’etica, divulgando la conoscenza dell’impatto che i prodotti tessili hanno sull’ambiente, sui lavoratori della filiera e sulla salute dei consumatori. Sono già diverse le aziende del tessile che ad oggi presentano questi requisiti: Oscalito, L’Opificio, Quagliotti, Remmert, Pettinatura Di Verrone, Tintoria 2000, Angelo Vasino Spa, Olcese Ferrari, Tintoria Felli, Manifattura Tessile Di Nole, Holding Moda, Lane Cardate, Italfil, Pattern, Maglificio Maggia, Vitale Barberis Canonico.
Realtà intergenerazionali che vantano una storia importante nel settore della produzione vestiaria e dell’arredamento, che impiegano più di 1.000 persone e raggiungono un fatturato complessivo di oltre 500 milioni di euro.
Il Manifesto
Le aziende fondatrici del network si sono autoregolamentate attraverso il “Manifesto di Slow Fiber” per la creazione di specifici requisiti, qualitativi e quantitativi, oltre a una tassonomia propria a marchio Slow Fiber costruita sulla base degli indicatori globali di eticità, sostenibilità e responsabilità sociale. La rete del tessile sostenibile Made in Italy è pronta, quindi, ad allargarsi per ampliare la portata dell’impatto di questo cambiamento, rendendolo corale, forte e immediato.
Il tessile è tra i rifiuti più difficili da smaltire
L’idea è partita dalla presa di coscienza che si compra troppo e si spreca ancora di più; non solo cibo, ma anche abbigliamento e arredamento, molto difficili da smaltire. “Negli ultimi decenni il modello del fast fashion ha imposto una coincidenza tra nuovo e bello – racconta Dario Casalini, imprenditore e fondatore di Slow Fiber -. Capi che vengono prodotti in grandi quantità e bassa qualità e creano rifiuti. L’idea è invece quella di recuperare un concetto di bellezza che abbia anche dei valori etici, perché essere sostenibili significa avere un atteggiamento intellettualmente onesto e quindi prendere in considerazione tutto il sistema”.
1,7 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno
Secondo un report della Commissione Europea la produzione e il consumo di prodotti tessili continua ad aumentare, così come il loro impatto sul clima, sul consumo di acqua e di energia e sull’ambiente. La produzione mondiale è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015 e il consumo di capi di abbigliamento dovrebbe aumentare del 63% entro il 2030, passando dagli attuali 62 milioni di tonnellate a 102. I cittadini europei consumano ogni anno quasi 26 kg di prodotti tessili, ma ne smaltiscono circa 11 kg. Gli indumenti usati possono essere esportati al di fuori dell’UE, ma per lo più vengono inceneriti o portati in discarica (87%). Nell’Unione europea il consumo di prodotti tessili rappresenta in media il quarto maggiore impatto negativo sull’ambiente e sui cambiamenti climatici e il terzo per quanto riguarda l’uso dell’acqua e del suolo dalla prospettiva globale del ciclo di vita. Molte imprese utilizzano ancora troppe poche materie prime riciclate o prodotte in modo sostenibile.