All’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di oggi anche la riforma del CSM. Le proposte della ministra Cartabia non convincono tutti, soprattutto per quanto riguarda le due questioni nodali: elezione dei membri e “porte girevoli”. Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza insieme al costituzionalista, già presidente della Corte costituzionale, il professor Antonio Baldassarre.
Professore, nel discorso di insediamento del Presidente Mattarella si è colta una certa apprensione riguardo la mancanza di fiducia dei cittadini verso l’amministrazione della giustizia e il bisogno di una riforma urgente del CSM, è così?
Capisco la preoccupazione da parte del massimo garante della Costituzione, l’attuale situazione è drammatica, i numerosi scandali sono stati sotto gli occhi di tutti. C’è un vero scollamento tra opinione pubblica e magistratura che definirei patologico, anche perché è un organo che si autolegittima con i propri comportamenti. Il suo è stato un vero grido di allarme.
La radice del “male” sta nella deriva politica che pervade l’Ordine?
Si, la magistratura è una cosa e la politica è una altra. La Costituzione parla chiaro, dice che l’ordine giudiziario deve essere neutro.
Questo ci porta alle correnti, presenti dagli Anni ’60, tollerate ma non costituzionalmente previste. Mattarella ha, infatti, detto che auspica una riforma della giustizia scevra da appartenenze. Alludeva all’abolizione di queste correnti?
Sarebbe davvero una novità positiva, perché in passato il Presidente le ha difese. Per me invece sono assolutamente da abolire. Nascono come gruppi di orientamento culturale ma di fatto indicano precise posizioni politiche, di centro-destra-sinistra. Sono per una soluzione drastica, ripartendo da Montesquieu che diceva che la magistratura deve essere immune dalla politica. Ci ricordiamo della divisione dei poteri solo quando ci fa comodo.
Quindi è d’accordo con la proposta della ministra Cartabia che vorrebbe impedire di rindossare la toga a chi ha rivestito cariche elettive politiche?
Certo ma anche qui si rischia una misura insufficiente se non si tiene conto anche delle cariche politiche non elettive, come ad esempio quella di capo di gabinetto di un ministro. Noi siamo l’unico Paese europeo ad avere un ministero della Giustizia pieno di magistrati al posto dei funzionari come se non ci fossero altre professionalità in grado di conoscere bene il diritto e la giurisprudenza. Un docente universitario, ad esempio, non conosce quanto un magistrato se non di più la giurisprudenza?
Avrà, quindi apprezzato la scelta da parte di alcuni magistrati di non tornare ad amministrare la giustizia dopo un percorso politico, come Di Pietro ad esempio?
Per carità, lui è il primo esempio, insieme a Berlusconi di vero populismo in Italia. Di Pietro ha sfruttato una certa notorietà derivante da sue indagini giudiziarie per assicurarsi il consenso elettorale, proprio quella commistione tra politica e magistratura di cui stiamo parlando.
La politica influenza anche l’elezione dei membri del CSM, la convince il sistema maggioritario binominale con una quota proporzionale per garantire una rappresentanza anche a chi non appartiene alle correnti suggeriti dalla ministra della Giustizia?
No, anche questo mi trova in disaccordo. Se non si trova il coraggio di tagliare radicalmente il legame con gli interessi delle correnti, per me l’unica strada è il sorteggio temperato: prima una votazione su base proporzionale che preveda un numero almeno doppio di eletti e poi un sorteggio tra loro.