Presidente fini, la sua Regione, l’Emilia-Romagna, è sconvolta da un’alluvione senza precedenti. Com’è la situazione?
Il primo pensiero è diretto a chi ha subito il danno peggiore e più doloroso, quello della perdita di vite umane, di fronte al quale ogni altro appare riduttivo. Però è inevitabile guardare al nostro territorio e all’agricoltura, che sono in condizioni drammatiche. Le esondazioni stanno letteralmente liquefacendo i terreni, già pregni di acqua, con danni incalcolabili a colture, infrastrutture, abitazioni civili e rurali. La situazione è più che emergenziale e servono vere e proprie azioni di pronto soccorso e intervento. Bisogna agire subito con una legislazione d’emergenza, come per il terremoto del 2012, e nel frattempo attivare misure a supporto di famiglie e aziende con l’immediata sospensione di tutte le scadenze di ordine tributario, previdenziale e creditizio. Poi, naturalmente, occorre pianificare una vera e propria ristrutturazione per strade e campi coltivati, che sono stati spazzati via da frane e smottamenti e, per questo, servirà tempo e molte risorse. Intanto, come Cia ci siamo subito mossi, attivando un conto corrente (IBAN IT72P0538703202000003845011) per l’emergenza Emilia-Romagna proprio in aiuto degli agricoltori più colpiti dall’alluvione.
Eppure fino a un paio di settimane fa eravamo in emergenza siccità. Come interpretare questi fenomeni apparentemente contraddittori?
Purtroppo sono gli effetti dei cambiamenti climatici. Solo nell’ultimo anno, gli eventi estremi sono quasi raddoppiati, tra gelate tardive, bombe d’acqua, ondate di calore, siccità, con un aumento di cinque volte delle perdite di raccolto di frutta e verdura. I danni economici dovuti alla maggiore frequenza di eventi estremi legati al clima ammontano già, in media, a oltre 12 miliardi di euro l’anno in Ue, un miliardo solo in Italia, e ormai i fattori climatici, da soli, spiegano tra il 20% e il 49% delle fluttuazioni del rendimento agricolo. Si tratta di una delle sfide più complesse e preoccupanti che dobbiamo affrontare, investendo su ricerca e innovazione, varietà resistenti, infrastrutture efficienti. Quindi, per Cia, occorre spingere sull’agricoltura 4.0; sviluppare le tecnologie di miglioramento genetico avviando finalmente la sperimentazione in pieno campo, per piante più resilienti rispetto al clima e alle malattie; creare una rete di piccoli invasi “smart” sotto il profilo tecnologico e amministrativo e diffusi sul territorio; realizzare serbatoi artificiali, a uso multifunzionale, per la capitalizzazione dell’acqua (in eccesso/di riuso/di pioggia); dare al Paese una legge nazionale contro il consumo di suolo.
I prezzi calano nei campi, ma nei negozi gli alimentari costano sempre di più. Che succede?
È una faccenda annosa. Serve più equità dal campo allo scaffale. Per gli agricoltori c’è ancora un enorme problema irrisolto nella catena del valore su cui occorre intervenire, costruendo relazioni più giuste ed equilibrate tra tutti i soggetti della filiera agroalimentare, compresa la Gdo. Mai come in questa fase, la guerra, il caro-energia, la siccità, continuano a creare danni e fanno schizzare alle stelle i costi di produzione, a cui si aggiungono però fenomeni speculativi sui mercati e al dettaglio. Emblematico il caso del grano Made in Italy: il prezzo pagato agli agricoltori è sceso del 40% nelle ultime settimane, mentre quello della pasta al supermercato è aumentato in media del 30%. Ma con le quotazioni attuali, i produttori non riescono nemmeno a coprire le spese e rischiano di dover chiudere. Ecco perché Cia ha deciso di lanciare la petizione per salvare il grano nazionale. Una raccolta firme, su change.org (https://chng.it/zVC8sWyT75), per chiedere alle istituzioni azioni a tutela del grano tricolore, da più controlli sull’etichettatura contro l’import selvaggio a maggiore trasparenza sulla formazione dei prezzi, dal potenziamento dei contratti di filiera tra agricoltori e industria all’avvio immediato del Registro Telematico dei Cereali.
Cia sostiene che l’agricoltura può essere protagonista della transizione green ed energetica. In che modo
Innanzitutto con lo sviluppo del fotovoltaico sui tetti agricoli. Ci sono 1,5 miliardi messi in campo con la misura “Parco Agrisolare” del Pnrr, una grande opportunità per rendere le imprese sempre più sostenibili sul piano economico, ambientale e sociale, a beneficio delle comunità rurali e dell’intero sistema Paese. Ma deve essere assolutamente superato il limite dell’autoconsumo, che rischia di ridurre drasticamente la portata e l’efficacia degli investimenti per il settore. Altra parola chiave è il “carbon farming”, con cui l’agricoltura può contribuire a combattere il cambiamento climatico e, allo stesso tempo, integrare il reddito dei produttori. Il settore, da solo, sequestra 0,5 tonnellate di CO2 per ettaro l’anno, stoccandola nei terreni come carbonio organico. Ora aspettiamo al più presto dalla Ue un quadro normativo chiaro per la certificazione degli assorbimenti di carbonio basato su una contabilizzazione solida e trasparente, per evitare frodi e speculazioni, con lo scopo di trasformare ciò che è ancora a livello pioneristico in un’effettiva fonte di reddito per le aziende agricole, a fronte di una forte domanda di decarbonizzazione da parte dei governi e dell’industria.
Da anni vi battete sulla questione fauna selvatica. È un irrimediabile stato di emergenza?
Cia-Agricoltori Italiani ha messo la questione tra i punti nodali della sua agenda politica. Continuiamo la nostra battaglia, chiedendo alle istituzioni una riforma radicale della legge 157/92, ormai obsoleta e totalmente carente sul piano economico e ambientale, per affrontare efficacemente l’emergenza fauna selvatica e, in particolare, la proliferazione dei cinghiali, principale vettore di trasmissione della peste suina africana. D’altra parte, i numeri parlano chiaro: oltre 2 milioni di ungulati in circolazione, più di 200 milioni di danni all’agricoltura e 469 incidenti, anche mortali, in quattro anni.