Holiday Working. Cresce il lavoro anche in vacanza

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Dopo l’ampia diffusione del lavoro da remoto sulla spinta della pandemia da COVID-19, nel 2022 quasi 1 turista su 10 si porta il lavoro anche in vacanza, combinando due elementi storicamente antitetici: riposo e svago da un lato e  lavoro dall’altro. Il fenomeno, decisamente in crescita, è chiamato “Workation” o “Holiday working” ed è stato censito dal Report Istat “Viaggi e vacanze in Italia e all’estero, anno 2023”.

Prima della pandemia tale fenomeno era limitato ad alcune tipologie di liberi professionisti e lavoratori della conoscenza, ma l’accelerazione dell’adozione del lavoro a distanza lo ha reso accessibile a un pubblico più ampio diventando una possibile nuova tendenza nel settore del turismo. 

Nel 2022 la percentuale di vacanzieri occupati che hanno lavorato dal luogo di vacanza in una qualsiasi modalità di lavoro da remoto (telelavoro, smartworking o lavoro agile) ha raggiunto il 9,7%. La propensione è maggiore tra i turisti occupati maschi (10,4%) rispetto alle donne (8,8%) e tra i residenti nelle regioni del Nord-ovest (12,1%, contro il 5,5% del Mezzogiorno). Inoltre la quota di Holiday workers è oltre tre volte maggiore tra coloro in possesso di laurea o titolo superiore (18,5%) rispetto a chi ha titoli di studio più bassi. L’incidenza dell’Holiday working tra i lavoratori autonomi (16,5%) è più del doppio di quella dei lavoratori alle dipendenze (7,7%). Tra questi ultimi, il fenomeno riguarda in misura maggiore i dirigenti (37,2%) e, tra gli autonomi, gli imprenditori (37%). Sono gli occupati nei settori “Servizi di informazione e comunicazione” (30,5%) e “Attività finanziarie e assicurative” (22,8%) a dichiarare più frequentemente di aver lavorato dal luogo di vacanza: si tratta soprattutto di professioni appartenenti al primo grande gruppo professionale “Legislatori, dirigenti e imprenditori” (33%) e al secondo “Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione” (16,5%).

Anche il periodo di allontanamento dalla casa e dal posto di lavoro è sempre più corto, calano, cioè, le vacanze lunghe estive. Nel trimestre estivo (luglio-settembre) 2023 il calo delle vacanze lunghe (-12,6% di viaggi, -13,4% di notti) è in controtendenza rispetto alle estati dei due anni precedenti e riporta l’ammontare dei viaggi sotto i valori dell’estate del 2019 (-18,5%,-15% in termini di notti). Nell’ultimo trimestre dell’anno la domanda è stabile rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e il confronto con il corrispondente periodo del 2019 evidenzia le criticità persistenti nella domanda turistica: -39% di viaggi, -27% di notti. Le persone partite per una vacanza estiva sono 18,4 milioni, in calo del 13% rispetto all’anno precedente (21,1 milioni nel 2022). La diminuzione riguarda tutte le fasce di età e si concentra tra i residenti nel Nord-ovest (-18%) e nel Sud (-17,8%), aree che tornano sotto i livelli dell’estate 2019 (rispettivamente -12% e -23%). Nel complesso, i turisti che partono per vacanza tra luglio e settembre sono il 19% in meno del 2019 (18,4 milioni nel 2023, 22,7 milioni nel 2019). Le vacanze lunghe rappresentano il 73,3% dei viaggi estivi, quota simile all’estate del 2022 (73,6%) e del 2019 (72,6%), ma quasi la metà delle vacanze lunghe (49,6%) dura meno di una settimana.

Caso diverso è quello rappresentato dai nomadi digitali, come spiega il Terzo Report sul Nomadismo Digitale in Italia. Spesso si pensa ai nomadi digitali puramente come giovani viaggiatori che decidono di “mollare tutto e partire all’avventura, inseguendo il sogno di vivere costantemente in giro per il mondo lavorando online”. Come accade spesso con i fenomeni di portata sociale, in realtà il nomadismo digitale è un fenomeno molto più ampio e complesso.

Si può sottolineare che, a differenza dei turisti tradizionali e degli Holiday worker che lavorano dal luogo di vacanza per un lasso di tempo predefinito (per esempio una settimana, un mese, i tre mesi estivi, etc), i nomadi digitali hanno l’esigenza di creare un senso di appartenenza nei luoghi dove scelgono di spostarsi.

Il nomade digitale, diversamente dal turista che è un “visitatore temporaneo”, diventa a tutti gli effetti un nuovo “abitante temporaneo” delle comunità dove sceglierà di soggiornare senza vincoli temporali prestabiliti. L’Italia si sta muovendo, anche dal punto di vista burocratico, per creare le migliori condizioni e attrarre i talenti anche dall’estero, prevedendo un visto specifico per questa categoria di lavoratori.