“In questo momento, il problema principale a Gaza è la mancanza di viveri. Ci sono circa due milioni di persone, prima della guerra entravano a Gaza centinaia di camion, ogni giorno, per portare viveri: in questo momento sono poche decine i camion che riescono a entrare. Il problema dei viveri sta diventando il problema principale. Viveri, acqua e medicinali”. Sono parole del Patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa che nei giorni scorsi è stato a Barcellona e ieri a Lodi.
C’è un odio profondo
“Emerge l’odio profondo che si respira in tutto il Paese – ha continuato il Patriarca – nessuno più si fida dell’altro. L’altro viene deumanizzato. Anche il dialogo interreligioso tra cristiani, ebrei e musulmani è in crisi in Terrasanta. Non ci si riesce più a incontrare. Ciascuno è chiuso dentro la propria comunità e parla alla propria comunità e non si riesce ad avere incontri gli uni con gli altri”. Il Patriarca ha anche fatto un esempio perché si capisca meglio la drammaticità del momento: “soltanto la pubblicazione della foto dei capi cristiani con il presidente di Israele ha scatenato una furiosa reazione nel mondo arabo-palestinese, anche cristiano, tanto da arrivare a dire noi non riceveremo i patriarchi a Betlemme per Natale perché ci hanno tradito, hanno incontrato il presidente del nemico. Naturalmente siamo entrati ugualmente a Betlemme per Natale, con difficoltà. Nel mio caso – ha ricordato il cardinale – i palestinesi mi hanno messo, all’ingresso la kefiah”.
Parlare di pace non ha senso
“Parlare di pace, in questo momento, non ha molto senso”, ha sottolineato Piazzaballa: “la pace ha bisogno di un contesto, che in questo momento non c’è”. “Quello che è necessario, in questo momento, è cercare di arginare questa deriva soprattutto nel linguaggio che è quello che, poi, dà la spinta a altre forme di violenza. Cercare di evitare questa deriva di odio profondo che viene seminato”. Quello che si percepisce molto, nelle due popolazioni, è il senso di solitudine e di disorientamento. Il cardinale ha concluso ricordando che il presidente palestinese, Abu Mazen “disse tempo fa che ci sono ancora tante persone, qui in Terrasanta, che vogliono la pace, Dobbiamo cercarle e tenerle vicine. Perché verrà il momento in cui avremo bisogno di loro. Sono convinto anch’io di questo”.
Non tutto è perduto
Il cardinale ha partecipato anche all’evento “Sent la Creu” (“Essendo la Croce”) di Barcellona, promosso dal Segretariato diocesano per la pastorale giovanile dell’arcidiocesi della città spagnola, e davanti a più di duemila persone ha voluto essere ottimista: “ci sono persone – ha detto – che, nonostante sperimentino l’odio musulmano, ebraico e cristiano, vogliono vivere un’altra vita”. Ha parlato di persone che mettono a rischio la propria vita per aiutare gli altri a Gaza e in Cisgiordania in modo che “gli altri si possano salvare”. “Finché c’è qualcuno che dà la vita per gli altri – ha concluso – vuol dire che in Terrasanta non tutto è perduto”. Il cardinale ha ricordato la piccola comunità di 1.000 fedeli ortodossi e cattolici di Gaza: “hanno perso tutto e le loro vite sono ancora in pericolo”.