Le disuguaglianze colpiscono tutti. La società reale cresce meno

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Per comprendere appieno la situazione del nostro Paese reale, è necessario analizzare meglio le disuguaglianze accentuate dalla Pandemia, in buona parte già preesistenti, quindi strutturali. Non si tratta solo di una questione economica e di reddito, e dei 2 milioni di poveri in più, ma anche dell’impatto che queste hanno sui percorsi di apprendimento, nella costruzione della persona e della visione del proprio posto nel mondo. È quanto emerge dal primo Rapporto “Crescere in Italia, oltre le disuguaglianze” della Fondazione Cariplo.  La disuguaglianza crescente –  si legge nel documento – crea un divario di futuro e di prospettiva di vita, uno spazio in cui si perde il potenziale umano di tanti ragazzi, di tanti lavoratori, di tanti cittadini del domani. E questo avviene in un momento storico che ci vede immersi in una trasformazione demografica, dove i giovani saranno sempre meno e dove i talenti di ciascuno è e sarà sempre più indispensabile”.

Senza le stesse opportunità, si disperdono i talenti

Un problema che riguarda l’intero contesto sociale, non solo chi ne è colpito perché le differenze provocano un livello di sviluppo della società inferiore alle sue possibilità. “A perdersi non sono solo i potenziali Einstein, – scrive la Fondazione – ma anche le tante persone dotate dei più vari talenti che, non hanno l’opportunità di realizzarli appieno. Si tratta in tutta evidenza di un problema per i singoli, perché plausibilmente si associa ad una minore soddisfazione personale, e minore benessere economico, ma da un punto di vista sociale rappresenta una perdita trasversale che si abbatte in maniera assolutamente uguale su tutti gli individui, agiati e non. Infatti, le nostre società sempre più disuguali perdono continuamente capitale umano, indebolendo la loro capacità di crescita, innovazione e progresso a svantaggio di tutti”.

Nel 2021 quasi 12 italiani su 100 hanno registrato una qualche perdita in termini di realizzazione personale o reddito rispetto al loro potenziale, determinando conseguenze anche su una più elevata disuguaglianza delle opportunità. “Fino a quando continueremo a pensare che le disuguaglianze economiche, educative, di genere o di qualunque altra natura – dice Giovanni Fosti, presidente della Fondazione – riguardino esclusivamente coloro che ne subiscono le conseguenze peggiori, rischia di sfuggirci il nocciolo della questione”.

In Italia in crescita lo squilibrio fra pensionati e giovani in età da lavoro

Come il Professore dell’Università di Cagliari, esperto di Didattica, pedagogia speciale e ricerca educativa, Giuliano Vivanet, ricorda, l’Italia è anche il Paese in Europa con il record di NEET (under 30 che non studiano e non lavorano) e quello con il crollo maggiore delle nascite da coppie under 30. Conseguentemente, sono sempre meno i giovani italiani in età da lavoro. Esiste, dunque, un forte squilibrio fra pensionati e giovani in età da lavoro che rischia di peggiorare ulteriormente nei prossimi anni. Resta, poi, il fatto che chi nasce in famiglie svantaggiate e senza titoli di studi superiori, difficilmente riesce a conseguire un diploma di laurea e a migliorare le condizioni di partenza secondo un ascensore sociale che non sembra stia funzionando.

E’ una responsabilità collettiva valorizzare il merito e le potenzialità di ognuno

La soluzione che l’indagine suggerisce è quella di concentrarsi sulla valorizzazione del potenziale di tutte le persone, a partire dai nostri giovani, passando da un atteggiamento “di attesa” a uno “di iniziativa”. “Non è sufficiente creare opportunità – scrive ancora Fosti-, è necessario invece portare queste opportunità allo scoperto proprio dove ce ne sono di meno, andare a cercare chi ha una condizione più fragile e sostenerlo nel proprio percorso”. Concetto espresso chiaramente anche recentemente dal cardinale Zuppi, presidente della Cei, al Convegno delle associazioni degli insegnanti cattolici di Bologna: “Bisogna educare i giovani dando loro passione e incanto per il futuro”, aiutandoli a trovare “la capacità di essere sé stessi”. Il merito è in ognuno di noi, ha dichiarato monsignore, sta alle istituzioni e alle agenzie culturali andarlo a ricercare.