Micro chip nel cervello, rischi e speranze

La tecnologia e la ricerca scientifica non si possono fermare, ma a volte può far paura, soprattutto se corre più veloce delle regole. Domenica scorsa è stato impiantato nel cervello di un paziente affetto da problemi neurologici il primo chip wireless per monitorare le onde celebrali a scopi terapeutici. È stato prodotto dalla Neuralink di Elon Musk, dopo aver ricevuto nel 2023 il via libera dalla Food and DrugAdministration a condurre i primi test su esseri umani.

Il pericolo che venga usato nei conflitti

La sperimentazione del sistema “Telepathy”, che punta a connettere, in modalità wireless, il cervello umano ai computer per aiutare le persone con patologie neurologiche o lesioni traumatiche, sembra dare dei primi risultati promettenti, come il rilevamento di picchi di neuroni, che potrebbero aiutare per esempio i 55 milioni di persone che convivono con la demenza, una delle principali cause di disabilità e non autosufficienza tra le persone anziane. Ma parallelamente non è possibile nascondere il timore che sia il primo passo verso la manipolazione del pensiero. “Tutto questo apre a grandi possibilità sul piano medico –ha commentato il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, all’Adnkronos Salute- che però devono necessariamente essere subordinate a un utilizzo etico di questi presidi: se vengono usati per risolvere malattie, come il Parkinson o la Sla, si tratta di traguardi importanti per le persone. Non è accettabile, invece, se si usano per interessi privati e per condizionare il comportamento degli altri”. “Siamo in ritardo sotto il profilo delle regole e delle norme etiche che servono a tutelarci da usi distorti”. “Gli Stati, inoltre dovrebbero impegnarsi a non utilizzare queste tecnologie nei conflitti e nelle guerre”.

Con il pensiero si potranno attivare pc e device

Attraverso molti elettrodi (1.024) vengono registrate le attività di alcuni gruppi neuronali e di singoli neuroni che regolano aree cerebrali particolari, in questo specifico caso quella motoria prefrontale. Una volta appreso come funziona la parte del cervello mappata, si può passare alla stimolazione di una specifica azione. “Quando si impara come funziona il cervello – spiega sempre all’AdnkronosSalute Sergio Barbieri, direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Salute mentale della Fondazione Ca’ Granda Ospedale Policlinico di Milano – se ne possono controllare le attività e si possono comandare strutture fuori dell’organismo con la forza del pensiero. Questo potrebbe essere importante nei pazienti vigili, ma che non possono esprimersi perché non possono parlare. Se decifro il pensiero posso attivare sistemi esterni, come pc e telefoni, ma anche un arto artificiale, via bluetooth, quindi senza cavi, solo attivando mentalmente specifiche aree del cervello”.

Troppo presto per trarre conclusioni

Ma non tutti gridano già al miracolo prima che tutte le informazioni siano state pubblicate. “Intanto perché già numerosi tentativi precedenti sono stati fatti – fa presente Paolo Maria Rossini, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione dell’Irccs San Raffaele di Roma – con un approccio simile da un punto di vista teorico (anche se, ovviamente, le tecnologie diventano sempre più avanzate in termini di miniaturizzazione del device e di autonomia delle batterie) con impianti di microelettrodi su piastrine inserite chirurgicamente sulle aree motorie, visive e acustiche in varia tipologia di malati e poi perché per ora sappiamo solo che il paziente si sta riprendendo bene dall’intervento e che i contatti tra microelettrodi e neuroni sono funzionanti”.

Aumentato il numero degli elettrodi e, quindi, più informazioni sul cervello del paziente

Ma qualcosa di veramente nuovo c’è dal punto di vista della tecnologia dell’impiantistica, basata su un robot, che permette di impiantare degli elettrodi meno invasivi, dei fili, molto piccoli, fini come capelli, in maniera più precisa. Anche il numero degli elettrodi passa da un centinaio a molte migliaia: maggiore è il numero, maggiori sono le informazioni che riusciamo a estrarre, maggiore è la possibilità per il paziente di controllare più cose e meglio.