Sulla riforma delle pensioni c’è attesa per un prossimo imminente incontro. Sindacati e governo si sono dati appuntamento a gennaio “dopo l’epifania”, prevedibilmente la prossima settimana le delegazioni di Cgil, Cisl e Uil torneranno a Palazzo Chigi.
Il 20 dicembre sindacati e Governo si erano lasciati dopo la riunione di disgelo, con un annuncio corale: “domani mattina, il calendario degli incontri tematici, che si terranno a partire dall’inizio del 2022”. Ora quel ruolino di marcia non è stato reso noto, tuttavia dovrà camminare spedito per arrivare ad aprile con una riforma compiuta e approvata.
Covid e conti
Il “cantiere” delle pensioni iniziato ad ottobre è tuttavia condizionato da due problemi: il ritmo dei contagi che hanno priorità sulle preoccupazioni del Governo e lo scenario della ripresa economica che pur restando con un Pil che supererà il 6%, diventa più incerto così come i conti che dovranno sorreggere la riforma previdenziale. Draghi secondo i sindacati rispetterà l’impegno di portare a termine una svolta sulle previdenza, ma con un obiettivo preciso: “Possiamo lavorare su qualsiasi modifica”, è la posizione di Draghi illustrata ai sindacati, “purché non sia messa a repentaglio la sostenibilità nel medio e lungo periodo e all’interno del contesto europeo”. Quindi una apertura che i leader della Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri, giudicano positiva perché si fonda a loro giudizio, su un metodo di lavoro nuovo e soprattutto su tre tavoli di confronto che riguarderanno: la flessibilità in uscita, la previdenza per i giovani e le donne e la previdenza complementare.
Edili, un risultato c’è
Un obiettivo nel frattempo i sindacali lo hanno centrato. Nella Manovra di Bilancio è passata la possibilità dell’anticipo pensionistico per i lavoratori edili. Gli operai del settore dell’edilizia e i ceramisti potranno aderire all’Anticipo di pensione (Ape sociale) con 32 anni di contributi (erano 36) e 63 anni di anzianità. Un intervento che i sindacati sostengono vada previsto anche per i lavoratori agricoli. Ma di questo si discuterà a gennaio.
Un risultato quello ottenuto per edili e ceramisti che ha visto i partiti uniti. Ma non basterà. In questi giorni il segretario della Cgil è tornato a indicare i punti alla base della proposte dei sindacati e della piattaforma unitaria, in particolare il tema è la flessibilità in uscita, che secondo i sindacati, vuol dire poter lasciare il lavoro a 62 anni o con 41 anni di contributi senza vincoli età. Nel contempo occorre rivedere l’aspettativa di vita a seconda dei lavori e riconoscere il lavoro di cura e delle donne. “Sull’insieme di questi temi il governo si è impegnato a farci aver un calendario per avviare il confronto fin dall’inizio del prossimo anno. I tempi per noi sono i più rapidi possibili”.
Cosa divide la riforma
Se gli auspici sono positivi, sul tavolo di confronto i problemi non mancano. Tra questi il calcolo contributivo per il dopo Quota 102. L’obiettivo dei sindacati è superare la legge Fornero, una pensione di garanzia per i giovani e una corsia per le donne. Il Governo è pronto a discutere di correzioni alla legge Fornero, ma ogni proposta deve rimanere nel solco tracciato dall’esecutivo. Quindi lontano dalle richieste dei sindacati. Ma non è il solo ostacolo da superare. Il più delicato è la posizione del premier Draghi che vuole un sistema pensionistico contributivo pieno e per tutti, con il calcolo dell’assegno. Niente scappatoie retributive ma solo ciò che si è versato durante la vita lavorativa.
I sindacati non nascondono il loro disappunto. Calcoli alla mano un sistema unicamente contributivo penalizzerebbe troppo i pensionandi con il rischio che molti assegni si vedano ridotti il lordo anche del 30%. Sul calcolo di fonte sindacale non ci sono state repliche di Palazzo Chigi c’è tuttavia un’altra realtà, quella che Roma dovrà fare i conti con Bruxelles che tiene sotto controllo gli impegni di spesa sulle pensioni, in quanto il sistema ha disuguaglianze e costi elevati, tanto che la riforma è legata anche alla attuazione del Piano nazionale di Ripresa.
L’anno 2022
Dal primo gennaio 2022 è entrato in vigore il nuovo sistema di Quota 102, e lo sarà per i prossimi 12 mesi in attesa della riforma da approvare.
Finita l’esperienza triennale di Quota 100 (che ha permesso di uscire in anticipo dal lavoro con almeno 62 anni di età e 38 di contributi) ora la strada con 102 è in salita – a dimostrazione che la previdenza in Italia è un terno al lotto -, con la nuova misura si dovrà avere 64 anni di età e 38 anni di contributi tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2022.
Per il 2022 funzionerà anche la proroga di un anno per l’Ape social, con l’allargamento dell’elenco dei lavori gravosi. La richiesta dei sindacati, su cui il Governo si mostra attento, è che il taglio sia reso strutturale e ampliato a più categorie. Allungata di dodici mesi anche Opzione donna, la possibilità per le lavoratrici dipendenti con almeno 58 anni (59 per le autonome) e 35 anni di contributi di andare in pensione una volta decorso un anno di finestra mobile (18 mesi per le autonome). Per le donne i sindacati chiedono di riconoscere un anno ogni cinque dedicati alla cura di familiari non autosufficienti e un anno di contributi in più per ogni figlio.
La posizione dell’Inps
Il monito del presidente dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, Pasquale Tridico è un interrogativo laconico, in sintesi, fino a che punto può reggere un sistema dove ci sono più pensionati che lavoratori?. “In un Paese con 60 milioni di abitanti”, osserva Tridico, “non si può reggere nel lungo periodo con 23 milioni di persone che lavorano”.