Tra pochi giorni, il 30 luglio, si celebrerà la Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani. Cosa si intenda per “tratta” lo definisce la Risoluzione delle Nazioni Unite A/RES/68/1921, adottata nel 2013, e consiste nel grave sfruttamento di persone, a fini lavorativi, sessuali o criminali, inducendole a fare ingresso o a soggiornare in un determinato territorio. Vittime possono esserlo anche i minori, come testimoniato anche dal Rapporto annuale di Save The Children dal titolo “Piccoli Schiavi Invisibili”. L’ambito dello sfruttamento delle vittime di tratta cambia a seconda della zona geografica in esame. Per esempio, nella regione dell’Africa sub-sahariana il fenomeno della tratta di minori è soprattutto ai fini di lavoro forzato, mentre nell’Europa sud-occidentale una considerevole percentuale tra le vittime identificate è sfruttata per compiere attività criminali o coinvolta in forme ibride di tratta.
Il 35% delle vittime sono minori
Il XIII Rapporto 2023 di Save The Children appena presentato denuncia che tra il 2017 e il 2020 le vittime identificate sono state 190.000, di cui il 18% bambine/adolescenti e il 17% bambini/adolescenti. Ogni volta che si parla di attività criminose occorre ricordare che i dati sono estremamente parziali perché riguardano solo l’emerso. Identificare questo tipo di vittime, in particolar modo se si tratta di minori, è una azione molto complessa, soprattutto a causa dell’isolamento in cui sono costrette dalle reti criminali o dai singoli trafficanti e sfruttatori. I piccoli, poi, sono particolarmente indifesi, facilmente condizionabili dalle violenze fisiche o psicologiche. Da qui l’aggettivo “invisibili”. Secondo il Global Report on Trafficking in Persons 2022 delle Nazioni Unite, sono le donne e i bambini a soffrire maggiormente per mano dei trafficanti, subendo violenza fisica o altre forme di violenza estrema: le donne tre volte più degli uomini, mentre i bambini due volte più degli adulti. Nel 2020, donne e adolescenti rappresentavano il 60% del numero totale di vittime identificate (42% donne, 18% bambine e adolescenti). Come abbiamo detto, i tipi di sfruttamento possono essere di diversa natura: per lavoro forzato e sfruttamento sessuale (38,8% e 38,7%, rispettivamente); per forme miste di sfruttamento (10,3%); per fini di coinvolgimento in attività criminali (10,2%); per matrimoni forzati (0,9%); per accattonaggio imposto (0,7%); per adozioni illegali (0,3%); per prelievo di organi (0,2%).
Dopo il Covid anche la “tratta digitale”
Anche in Europa i soli casi emersi nel periodo 2019-2020 sono stati 14.311, per il 23% riguardanti i minori. Ma veniamo all’Italia. Le vittime di tratta e sfruttamento identificate nel 2021 sono state 757 e in più di 1 caso su 3 (35%) si è trattato di minori, con una prevalenza di soggetti di sesso femminile. Il Covid ci ha regalato una nuova forma di sfruttamento dei bambini: il fenomeno della “tratta digitale”.
Nel 2021 nel nostro Paese sono stati registrati 5.316 casi di pedopornografia trattati dalla Polizia Postale, con un aumento del 47% rispetto al 2020 (3.243), e 531 minori vittime di adescamento online, con una concentrazione di casi nella fascia 10-13 anni. L’edizione 2023 di “Piccoli Schiavi Invisibili” accende, poi, un faro sulla condizione dei minori che vivono nei territori italiani caratterizzati dallo sfruttamento del lavoro agricolo, e, nello specifico, nelle due tra le aree a maggior rischio, la provincia di Latina, nel Lazio, e la Fascia Trasformata di Ragusa in Sicilia, aree dove la condizione di sfruttamento dei genitori li rende vittime, sin dalla nascita, di un sistema di violazione dei loro diritti basilari sistematico e “normalizzato”, esponendoli anche al rischio di divenire loro stessi vittime dello sfruttamento ed esposti ad abusi. Bambine e bambini costretti a rimanere da soli dalle prime ore del giorno, mentre mamma e papà lavorano nei campi. Altri già adulti a nove dieci anni, capaci di badare non solo a sé stessi, ma anche ai fratelli e alle sorelle più piccole. C’è chi dai tredici anni in su inizia a lavorare: d’inverno solo la domenica; d’estate, quando finisce la scuola, anche tutti i giorni.
Invisibili perché non iscritti all’anagrafe come in Africa
Li portano nei magazzini, impacchettano frutta e ortaggi destinati alla grande distribuzione, c’è anche chi “bomba le piante”, cioè spruzza il veleno contro i parassiti e lo fa a mani nude e bocca scoperta. E poi tanti casi di minori con deficit di apprendimento o potenziali disturbi del neuro-sviluppo non diagnosticati. Trascorrono l’infanzia in alloggi di fortuna nei terreni agricoli, in condizioni di forte isolamento, con un difficile accesso alla scuola e ai servizi sanitari e sociali. “Questo Rapporto – spiega Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children – ci dice che i lavoratori e le lavoratrici sfruttate in campo agricolo, oltre ad essere vittime dirette di questa condizione, sono anche genitori, madri e padri di bambini ‘invisibili’, che crescono nel nostro Paese privi di diritti essenziali. È fondamentale innanzitutto riconoscere l’esistenza di questi bambini, assicurare ad ognuno di loro la residenza anagrafica, l’iscrizione al servizio sanitario e alla scuola e i servizi di sostegno indispensabili per la crescita”.