Contrapposizioni e dispute tra partiti e Associazioni di categoria per una misura che riguarda 4 milioni di persone.
Necessario scegliere se incentivare l’occupazione o dare incentivi per stare sul divano. La politica decida in fretta nell’interesse di chi fa sacrifici per tutti.
C’è un tema, quello del Reddito di cittadinanza che ha acceso contrapposizioni che meritano di essere approfondite. C’è chi lo difende, dai Sindacati al M5S – che lo propose come vessillo ideologico – o come Leu e il Pd che lo ritengono necessario. C’è chi lo avversa ad iniziare da Confindustria con numerose Associazioni di categoria, e i partiti di centrodestra che ne chiedono una radicale riforma.
I beneficiari
Gli italiani beneficiari di sussidi di diverso tipo: Reddito di cittadinanza (Rdc), Pensione di cittadinanza (Pdc) e Rem (Reddito di emergenza) sono 4,3 milioni, secondo fonti Inps.
Il problema non è certo negare un aiuto – benché temporaneo: le misure di emergenza, infatti, non possono essere scambiate come un beneficio pensionistico a vita – a chi ha bisogno per superare momenti di difficoltà. Noi, infatti, vogliamo riflettere, sul senso vero del Reddito di cittadinanza che è un incentivo per la ricerca del lavoro, non per rinunciarci. Ricevere un sostegno temporale definito nel tempo – per l’appunto il tempo di trovare un impiego, un lavoro una occupazione – per questa ragione furono istituiti i “navigator” che sono quasi 3mila. Si tratta di tutor assunti per aiutare i beneficiari del Reddito di cittadinanza a trovare una occupazione.
Misura flop
A sintetizzare i recenti dati di “Anpal Servizi”, l’ente che si occupa delle politiche attive del Reddito di cittadinanza, viene fuori che da quanto esiste il Rdc, ha trovato un’occupazione circa un beneficiario su quattro.
Qualsiasi progetto che da questo risultato sarebbe stato se non bocciato quantomeno rivisto. A segnalare le incongruenze di uno strumento che non crea lavoro ma addirittura per paradosso lo disperde, sono state le Associazioni di categoria e Confindustria che pur evitando il muro contro muro – parliamo sempre di una fascia di popolazione che ha necessità di forme di tutele – sottolineano come il Rdc sia una storia di un “flop annunciato”. I motivi del fallimento sono insiti nel meccanismo, perché questo strumento rappresenta un “unicum”, un sistema “ibrido” che concede un sussidio di povertà e nel contempo pretende di incentivare
le politiche attive del lavoro. Sistema che per gli esperti crea problemi e distorsioni. Il primo che non incentiva la ricerca del lavoro. Anzi in alcuni casi, segnalano gli esperti, l’assegno diventa una doppia risorsa: non si perde il reddito perché si è senza lavoro, ma si cerca lavoro (nero) perché si prende il reddito: e dunque ci si può mettere sul mercato a metà prezzo. Con un ulteriore “vantaggio”, per gli imprenditori disinvolti.
Posizioni contrapposte
Per i sindacati il Reddito di Cittadinanza è uno “strumento fondamentale per contrastare la povertà che ha dato risultati positivi”. Al contrario la Fipe (Federazione dei pubblici esercizi) rivela: “Ci si aspettava che, dopo la pandemia, potessero mancare clienti, ma pochi potevano immaginare che a mancare fossero i lavoratori”.
La politica è decisa a muoversi con ipotesi diverse. Da quelle più tranciati, come l’accettare offerte di lavoro entro i 100 chilometri dalla propria residenza “pena la decadenza del beneficio”, oppure prevedere la decontribuzione totale per le imprese che assumono lavoratori percettori di Rem o reddito di cittadinanza. Il Pd sollecita di rifinanziare con 30 milioni di euro i centri per l’impiego nel 2022. Fratelli d’Italia chiede che chi percepisce il reddito faccia formazione obbligatoria. La Lega vuole una riduzione degli stanziamenti dedicati al beneficio del 10% annuo e Leu vuole che il reddito di emergenza venga prolungato fino alla fine di ottobre.
La proposta
Abbiamo voluto mettere in evidenza tutte le proposte, a cui aggiungiamo la nostra. Crediamo che le fasce di povertà devono essere tutelate, ma nel contempo dobbiamo porre il problema lavoro come una assoluta priorità. Sostegni e bonus vanno dati per creare occupazione. Si possono dare incentivi per aumentare i salari e dare maggiori garanzie contrattuali, ma siano riservati a chi vuole lavorare, a quanti realmente vogliono dedicarsi ad un impiego, migliorare le conoscenze e attitudini professionali. I fondi dello Stato devono essere utilizzati per dare un aiuto a quanti credono nel proprio impegno e desiderio lavorativo. Altrimenti bisogna ammettere onestamente che si danno incentivi per rimanere sul divano. Con un interrogativo che nessuno di pone. Chi paga? Chi deve fare maggiori sacrifici per garantire tutti gli altri?