Lo spettro di Omicron si abbatte sul ritorno in Aula. Per la scuola si annuncia una settima difficilissima tra problemi di contagi, tensioni politiche, interpretazioni di dati e norme. Ancora una volta il Covid rischia di mettere alle corde tutti, studenti, famiglie, insegnanti e istituzioni.
Posizioni e polemiche
A parlare con toni preoccupati sono tutti, dai presidi ai sindacati, dai sindacati fino ai partiti e alcuni presidenti di Regione che chiedono lezioni a distanza per due, tre settimane. I timori si sovrappongono, c’è quello per un balzo ingestibile dei contagi, c’è il disappunto per un ritorno ad una didattica a distanza che tutti vogliono scongiurare ma nei fatti sarà impossibile, eppoi le preoccupazioni di un personale scolastico che malgrado l’impegno a tenere le lezioni in presenza rischia di finire in quarantena. Già per questa mattina si annunciano 100 mila presenze in meno tra insegnati e personale ATA. Quindi per ogni scuola di ordine e grado si aprirà nelle prossime ore una voragine. Il Governo è fermo sulle sue posizioni, riaprire la scuola, lasciare gli studenti in presenza e procedere con una scuola già reduce da un anno travagliato.
In presenza e in polemica
Allo scontro il Governo replica con una scelta di prudenza, che ha il nome di nuovi “criteri-guida” decisi per gestire la fase di riapertura al motto “in presenza e sicurezza”. Se l’esecutivo e il ministro Patrizio Bianchi sono decisi ad aprire, c’è un altro fronte, quello dell’attesa e del rinvio ci sono presidi, o almeno una parte di dirigenti scolastici, che sollevano dubbi e parlano di una “situazione ingestibile”. Sono i firmatari di un appello dive chiedono un rinvio di due settimane con DaD in modo da capire a che punto la variante Omicron è presente tra i banchi. In mezzo al guado dell’indecisione le famiglie che non nascondo il loro disorientamento rispetto a norme che prevedono percorsi di quarantena caso per caso, quindi scuola per scuola.
Norme e prescrizioni
Se si inizia il giro delle prescrizioni dalla scuola dell’infanzia, dove gli insegnanti sono tenuti ad avere durante la loro presenza in aula mascherine Ffp2, così come nelle classi delle primarie e secondarie dove ci sono alunni che non hanno la mascherina perché esentati per specifici motivi. Ma i problemi nascono, a giudizio dei sindacati, per i decreti che si susseguono. L’ultimo, ad esempio, prevede nuove regole per la gestione delle quarantene: alla materna, in presenza di un positivo in classe, scatta la sospensione delle attività per 10 giorni, ma la cosa cambia per le elementari dove per un solo caso si applica la sorveglianza, che prevede un tampone al primo e al quinto giorno dalla scoperta del caso, e con due si va in dad per 10 giorni. Salendo di età e di classe allora le cose si fanno ancora più complesse, nel senso che il Governi pur di mantenere una vita scolastica in presenza è normale ha previsto tre ipotesi: con un caso di positività si continua ad andare a scuola in presenza e si applica l’autosorveglianza e l’obbligo di mascherine Ffp2; con due casi chi è vaccinato con il booster o guarito da meno di 4 mesi resta in classe, i non vaccinati e i vaccinati e guariti da più di 120 giorni vanno invece in dad; con 3 positivi, tutta la classe resta a casa e segue le lezioni da remoto per un tempo massimo di 10 giorni.
Le ragioni del ministro Bianchi
A sottolineare gli sforzi del Governo è il ministro. “Abbiamo fatto tutto ciò che dovevamo fare”, evidenzia Patrizio Bianchi, “i ragazzi delle classi superiori sono vaccinati per il 75% con prima dose e all’84% con seconda dose. Appena abbiamo avuto la disponibilità da parte delle autorità europee, abbiamo vaccinato i bambini. I nostri ragazzi sono per tre quarti coperti a livello vaccinale. E stiamo continuando a vaccinare, perché questa è la strada. Un impegno del Governo testimoniato dai 92 milioni messi a disposizione del generale Figliuolo in cui riponiamo la massima fiducia”. Su ipotesi di cambio all’ultimo minuto il Governo non cede. A sottolineare l’impegno è ancora il ministro. “Nessun ripensamento. Siamo molto attenti a voci che ci arrivano dal Paese, ma anche dalle tante voci che ci dicono che la scuola debba restare in presenza”. A scendere in campo anche il ministro della salute, Roberto Speranza,”Il Governo”, sottolinea, “ha scelto di tutelare il più possibile la scuola in presenza e in sicurezza”.
I presidi invocano prudenza
D’accordo a metà con l’Esecutivo si dichiarano 1500 presidi firmatari di un documento in cui apprezzano gli sforzi ma chiedono una sospensione “programmata e provvisoria” delle lezioni in presenza, quindi un breve periodo in DaD, ipotesi, scrivono “preferibile ad una situazione ingestibile che provocherà con certezza frammentazione, interruzione delle lezioni e scarsa efficacia formativa”. Il problema visto dalla parte dei dirigenti scolastici che ci saranno anche molti assenti tra il personale e conteggiano con preoccupazione, “stiamo assistendo con preoccupazione crescente all’escalation di assenze”. Le carenza di personale si annuncia imponente e i presidi lo riconoscono “numeri altissimi, mai visti prima. Non sapremo, privi di personale, come accogliere e vigilare su bambini e ragazzi”. Quindi più che le paure per contagi e Covid il rischio reale per i presidi è la sicurezza delle scuole, “ci troveremo nell’impossibilità di aprire i piccoli plessi e garantire la sicurezza e la vigilanza”. La previsione per oggi è infatti una mezza catastrofe. “Stimiamo che potrebbero essere assenti 100 mila dipendenti della scuola su un milione – tra docenti e personale Ata – ovvero un 10% del totale, per le più svariate questioni legate a Covid, quarantene, vaccini eccetera”.
Sfida Regioni – Governo
Solo oggi tuttavia si saprà se li scenario di fuggi fuggi stimato dai presidi sarà realtà, oppure magari superato il primo giorno del rientro la settimana procederà senza ulteriori soprassalti. Sul lunedì nero insistono anche le Regioni con i loro presidenti che si mostrano più realisti di tutto lanciando critiche altisonanti, come nel caso del Governatore della Campania. “È irresponsabile aprile le scuole il 10 gennaio”, attacca il presidente Vincenzo De Luca, “per quello che ci riguarda non apriremo le medie e le elementari. Non ci sono le condizioni minime di sicurezza”. La replica del Governo, che annuncia di aver impugnato l’ordinanza della Regione Campania, si vedrà se avrà effetto nelle prossime ore. La Sicilia preferisce evitare lo scontro istituzionale e annuncia un mini rinvio di tre giorni per consentire di verificare tutti gli aspetti organizzativi a causa dell’aumento dei contagi da Covid.
I medici: recuperare a giugno
Una idea su cui si ragionerà nelle prossime ore è quella indicata dal presidente della Fnomceo, Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, che chiede di posticipare l’apertura delle scuole, recuperando poi a giugno. “C’è, tra i colleghi, una forte preoccupazione per il picco atteso verso la metà del mese. Le misure messe in atto dal Governo sono importanti”, riconosce Anelli, “ma potrebbero non essere sufficienti per arginare il diffondersi dell’epidemia. I due anni trascorsi ci hanno insegnato che una misura davvero efficace è quella di limitare, in vista del picco, i contatti tra le persone. La riapertura delle scuole, in un momento in cui gli studenti hanno appena iniziato a vaccinarsi o a fare i richiami, a seconda delle fasce d’età, ci preoccupa, così come preoccupa i presidi. Per questo chiediamo”, scrivono i medici, “uno stop di 15 giorni, da recuperare poi a giugno, quando dovremmo essere fuori dall’emergenza”.