I fatti hanno la testa dura, nel caso del fisco, sono durissimi. I numeri come si ammette sono da brivido e suscitano sconforto. Attualmente il magazzino dei debiti fiscali è a quota 1.100 miliardi di cartelle non riscosse e ormai non esigibili. Ci sono in ballo 130.140 milioni di cartelle esattoriali, 240 milioni di crediti da riscuotere e circa 16 milioni di contribuenti iscritti a ruolo. Il tutto in uno scenario economico delle famiglie e imprese fortemente peggiorato per l’impennata dei costi dell’energia, e della rapidissima risalita dell’inflazione. Inoltre c’è stata la ripresa delle attività di riscossione dopo il protrattasi per due anni per la pandemia. A dare un ulteriore colpo ai conti dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione, anche l’assorbimento delle cartelle notificate da Riscossione Sicilia. Tirando le somme c’era e rimane una situazione ristagnante oramai ingestibile: i debiti non riscossi più indietro nel tempo risalgono a 22 anni fa, mentre per il futuro le difficoltà saranno crescenti. Ci sono due situazioni che determineranno nuovi indebitamenti delle famiglie e imprese, la ripresa che stenta e nel contempo nell’ultima rilevazione Istat, dello scorso 7 aprile, la pressione fiscale nel quarto trimestre 2021 è stata pari al 51,8%, in crescita di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Meno soldi ma più tasse da pagare.
Difficoltà crescenti e debiti
Rimanendo ai soli debiti, i numeri sono stati illustrati dallo stesso direttore dell’Agenzia, Ernesto Ruffini in Commissione sul Federalismo fiscale alla Camera. Ruffini ha chiesto l’intervento del Parlamento nel decidere cosa fare dei debiti stratificati da due decenni. Le difficoltà non riguardano solo il passato ma sono ancora oggi evidenti. Il direttore dell’Agenzia ha elencato i temi, i provvedimenti, le iniziative che solo in minima parte hanno ottenuto un successo. A nulla o quasi sono valsi, ad esempio, i tentativi di definizione agevolata dei debiti, come quelli programmati nella formula della Rottamazione o del Saldo e stralcio. Il rapporto è uno a sette. Ogni anno entrano 70 miliardi di crediti da riscuotere e ne vengono riscossi meno di 10 miliari.
Rottamazioni e flop
Il Governo ha riaperto i termini per restare nella Rottamazione–ter e nel Saldo e stralcio ha aggiornato il calendario di pagamenti. La prima scadenza è stata ieri 30 aprile per le rate del 2020, come previsto dalla legge di conversione del Sostegni-ter. Per effetto dei cinque giorni di tolleranza, questo primo appuntamento slitta al 9 maggio. Anche in questo voler dare una mano ai contribuenti che avevano aderito alla Rottamazione-ter o al Saldo e stralcio, c’è da fare una considerazione. Se non ci sono risorse è inutile aderire a percorsi di pagamento, si va stento. Ora si riaprono i termini per 532mila contribuenti per i quali erano già ripartite le procedure di riscossione. Di fronte all’ennesimo stop ora si tenta di nuovo di concedere una possibilità con il rientrare nella pace fiscale. Insomma lo Stato prova a far rimettere in carreggiata chi non ci riesce.
Tasse su e Pil giù
Pagare tasse, bollette e mutui arretrati resta difficile, un esercizio da salto mortale e per molti impossibile. Non parliamo ovviamente degli evasori seriali, di furbetti magari con Yacht e proprietà immobiliari, parliamo di piccole e micro imprese, di professionisti alle corde, di famiglie che non ci riescono più a stare al passo con mutui e spese. La crescita che rallenta in modo significativo è un altro campanello d’allarme.
Il Pil italiano torna a vedere il segno meno. Battuta d’arresto che peserà ulteriormente sui bilanci delle famiglie.
Condono e condono tombale
Intanto si è aperto un dibattito sulla efficacia degli strumenti nella lotta alla evasione e quali vantaggi ci sarebbero rispetto ad una moratoria dei debiti tributari. Se ne è parlato a Pavia durante il convegno promosso dall’Ordine dei dottori Commercialisti sul tema “Riflessioni sulla riforma del fisco in Italia”. Il convegno ha preso le mosse di come sia penalizzante in Italia il sistema sanzionatorio tributario anche nei confronti di chi non per furbizia ma per cause legate alla crisi non ha potuto rispettare gli obblighi tributari regolarmente dichiarati. Il sistema, è stato convenuto nel dibattito, andrebbe riformato mitigando le conseguenze per chi non ha potuto pagare.
In particolare è stata avanzata l’ipotesi di una più ampia pace fiscale. Che non preveda la sola rottamazione di imposte da ruoli e avvisi di accertamento ma di pagamenti più lunghi e senza l’applicazione di sanzioni. Noi lo diciamo da tempo. Bisogna tra tante incertezze dire una cosa reale. Serve un condono tombale per famiglie e imprese in difficoltà. Che – bisogna pur dirlo – non hanno soldi per pagare. È necessario ridare loro una speranza e un orizzonte nuovo di crescita. Il Parlamento può fare molto, ne discuta con franchezza e decida per una ripartenza che dia fiducia agli italiani.