La grande platea dei cittadini in ritardo con i pagamenti potrà iniziare a versare il dovuto nelle casse dell’Agenzia delle entrate e riscossioni. Scadono il 31 agosto le rate del 2021 sospese durante il Covid. I pagamenti saranno considerati validi se effettuati entro l’8 agosto 2022 per effetto dei 5 giorni di tolleranza. Si tratta della Rottamazione-ter. Il prossimo appuntamento è previsto per il 30 novembre. Queste le date. Ora bisogna vedere quante persone aderiranno e se ci sono i soldi per togliersi di torno quei debiti – per lo più bollette, piccoli contenziosi con il fisco e multe – per sbarazzarsi dall’assedio degli insoluti.
Chi potrà farcela?
Vedremo a ottobre quanti cittadini ce l’avranno fatta a saldare i debiti. Perché il popolo dei morosi più che di furbi e furbetti è una folla di persone in difficoltà i cui redditi sono stati negli ultimi due anni falcidiati.
Il banco di prova arriverà tra un paio di mesi, quando saranno rese note le cifre del “ripescaggio” della rottamazione ter e quanti soldi lo Stato ha recuperato. Sarà un test “liquidità”, perché va ricordato che lo scorso 14 dicembre 2021, malgrado le buone intenzioni con l’aver aderito ai maxi sconti previsti dalle rottamazioni, oltre 500 mila contribuenti non riuscirono a corrispondere a tutte le rate 2020 e 2021 sospese durante i mesi della pandemia. Persone “decadute”, puntualizzano gli analisti finanziari, “dai benefici di rottamazione ter e saldo e stralcio e generando al contempo un ammanco per l’erario di 2.45 miliardi di euro”. Ora a distanza di 8 mesi la situazione economica delle famiglie e delle imprese non solo non è migliorata ma è sensibilmente peggiorata. Il “banco di prova” quindi sarà determinante per capire la profondità della crisi economica e sociale. Il “pesare” gli effetti del ripescaggio potrebbe far emergere una realtà inquietante.
Il destino di chi non paga
L’aver riammesso con un nuovo calendario pagamenti di pace fiscale tutti i decaduti, è certo un passaggio meritevole. Ma ci chiediamo, cosa accadrà alle centinaia di migliaia di persone e imprese che non rispetteranno, come prevedibile, i termini di pagamento? La risposta è dura: chi non paga decade dai benefici delle sanatorie con la conseguenza che i versamenti effettuati saranno acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto. Ma, cosa più drammatica, la restante parte del debito potrà essere riscossa immediatamente dall’Agenzia delle entrate riscossione ed il carico residuo non potrà essere ulteriormente rateizzato. Significa spalancare le porte alla Centrale rischi finanziari, alla Crif ovvero alla “morte civile finanziaria”, la caduta in un punto di non ritorno.
Famiglie, imprese e debiti
Lo scenario dei numeri può fare chiarezza sulla attuale situazione, e sulla proposta del Centrodestra di una possibile “pace fiscale”. Il ragionamento segue un filo numerico: in ballo ci sono 140 milioni di cartelle esattoriali dell’Agenzia delle Entrate pronte ad essere inviate. I debiti complessivi di una parte considerevole degli italiani con l’Agenzia supera i mille miliardi. Una cifra accumulata negli ultimi 20 anni. Possibile, come calcola il Centrodestra che si possano recuperare, e noi l’auspichiamo, più o meno 30 miliardi, che possono andare a sostegno di stipendi, pensioni e imprese, ma sarebbe un giro complesso, lungo, con il rischio che una parte dei i soldi – come già accade – non andranno nemmeno alle fasce sociali più in difficoltà. Ma ci chiediamo basterebbe, in una situazione grave come quella che attraversiamo a dare un vero aiuto a famiglie e imprese?
Condono tombale e stop Crif
Le emergenze di oggi, l’elenco è davvero lungo, con la possibilità di un autunno difficile e imprevedibile, impongono anche scelte eccezionali, e lungimiranti.
Partiamo da quante probabilità si hanno di “svuotare” il “Magazzino fiscale” dalle cartelle insolute. Il dato è chiaro: il 90% dei debiti è irrecuperabile o già al centro di azioni esecutive, il cui buon fine rischia di finire in ulteriori rottamazioni flop. È più realistico, se non addirittura necessario, fare un condono tombale. Chiudere per ripartire, perché altrimenti famiglie e imprese “chiudono” solo, senza poter ripartire. Significa lasciare milioni di persone condannate alla Centrale rischi finanziari, per minimo dieci anni, quindi a non avere più una credibilità economica e finanziaria. La Crif deve essere riformata e se ha ragione di esistere questa deve essere a favore del cittadino e non ostinatamente e burocraticamente contro persone e imprese.
Dare un segnale al Paese per dire che è possibile rimettersi in marcia non rappresenta una capitalizzazione, ma è un presa d’atto realistica. Essere pronti ad affrontare la realtà con saggezza è quello che si chiede alla politica e, in particolare ad un Centrodestra che aspira a Governare.
Ma davvero basterebbe così poco per far contenti i contribuenti e rimpinguare le casse dello Stato? I risultati dei numerosi interventi di “definizione agevolata” dei debiti a ruolo messi in campo da vari governi negli ultimi sette anni dicono il contrario. Stando a dati dell’Agenzia delle Entrate Riscossione raccolti dalla Corte dei Conti, ogni volta che la politica ha chiesto al fisco di tendere la mano a chi aveva delle pendenze, abbuonandogli una parte del dovuto, l’incasso finale è ammontato solo a una minima parte dell’introito previsto. In tutto meno di un terzo.
Le conseguenze del fallimento di una srl o di una spa si trascinano, purtroppo per anni. Esattamente come avviene per la segnalazione a cattivo pagatore di un privato. L’unica differenza è che l’imprenditore, per ottenere la cancellazione – almeno formale – dei dati negativi deve aspettare dieci anni. Se non di più.
L’apertura dell’iter burocratico relativo al fallimento è solo l’inizio…di un calvario professionale, in quanto è a partire da QUESTO momento che si calcolano i suddetti dieci anni. Ma, se nel frattempo l’imprenditore ha dovuto chiudere anche altre società, o a farlo è un soggetto a lui collegato, sono necessari ulteriori dieci anni per azzerare – tecnicamente – il drammatico quadro.