Istituto Tagliacarne: un’Italia capovolta, ma deve aumentare la produttività
È Roma la “capitale” dell’imprenditoria del mare con 29.806 aziende, tallonata da Napoli con 22.943 imprese e seguita, a grande distanza, da Venezia con 9.426 aziende. Del resto, è il Lazio la regione più popolata dalle imprese “blu” con 34.851 unità, rincorsa dalla Campania (32.741 imprese) e dalla Sicilia (28.807 imprese). Sono in tutto quasi 228 mila nel 2023, più precisamente 227.975, le imprese della Blue economy, di queste quasi la metà si trova nel Mezzogiorno e il 48,4% opera nel settore alloggio e ristorazione. L’economia del mare negli ultimi quattro anni ha dato prova di avere una marcia in più rispetto al resto dell’economia. Tra il 2019 e il 2023 le imprese blu sono aumentate di oltre il 4%, contro un calo complessivo del tessuto imprenditoriale del 2,2%, con picchi di crescita delle attività guidate da donne (+7,5%) e del turismo (+8,9%).
Immagine tradizionale invertita
È quanto emerge da un’analisi del Centro Studi Tagliacarne sul XII Rapporto dell’Economia del mare realizzato insieme a Unioncamere, Ossermare, Informare, Camera di commercio Frosinone Latina e Blue Forum Italia Network che ha acceso un faro sull’intera filiera composta dai settori della pesca, turismo e servizi ricreativi connessi, logistica e i trasporti marini, nautica e cantieristica, attività di ricerca e formazione, estrazioni marine. “La Blue economy delle imprese disegna una sorta di Italia capovolta in termini di sviluppo, con un Mezzogiorno che inverte la tradizionale immagine di area a minore crescita e presenza imprenditoriale, pur continuando a segnare ritardi dal punto di vista della produttività complessiva di quasi il 15% rispetto al dato medio del Paese”. È quanto ha evidenziato Gaetano Fausto Esposito direttore generale del Centro Studi Tagliacarne secondo cui “se le imprese meridionali esprimessero la stessa produttività e capacità di collegamento con gli altri settori produttivi dimostrata da quelle settentrionali il valore aggiunto dell’economia del mare crescerebbe al Sud di circa 15 miliardi di euro”. Inoltre, ha aggiunto Esposito, “soprattutto nelle province del Mezzogiorno, l’esistenza di un fitto tessuto imprenditoriale blu genera a sua volta ulteriore crescita, al punto che in ben 24 realtà meridionali dove il peso delle imprese blu sull’economia locale appare superiore alla media nazionale, tra il 2019 e il 2023 si rileva anche un aumento del numerosità di queste aziende più alto del dato nazionale”.
Al Sud più imprese del mare ma meno produttive
Il 49% delle imprese della Blue economy risiede nel Meridione, ma genera meno di un terzo del valore aggiunto prodotto dall’intera economia del mare. Un segno che al Sud le imprese del mare sono meno produttive rispetto a quelle del resto del Paese. A pesare, in particolare, è la differente specializzazione produttiva, che nel Mezzogiorno è più elevata nel turismo dove la produttività appare complessivamente più bassa di altri settori “blu”, come la cantieristica e la logistica.
Poco meno della metà del “Sistema mare” nazionale è rappresentato da imprese operanti nel settore dei servizi di alloggio e ristorazione che ammontano a 110.387 unità. Seguono per numerosità, le attività sportive e ricreative (34.246 imprese) e la filiera ittica (32.199 imprese), con un peso che si attesta, rispettivamente, al 15,0% ed al 14,1%. Supera il 12% il contributo della filiera cantieristica (28.171 imprese).
Un sistema giovane
La Blue economy mostra di sapere attrarre più giovani rispetto ad altri comparti dell’economia, specialmente al Mezzogiorno: le imprese under 35 con 20.589 unità rappresentano il 9% del Sistema mare, contro l’8,5% del tessuto imprenditoriale complessivo. È Napoli la culla della imprenditoria blu under 35 con 2.701 imprese, seguita al secondo posto da Roma (2.388) – che da sole concentrano circa un quarto del totale delle imprese giovanili del mare del Paese – e al terzo da Salerno (1.034). Nel complesso sono del Meridione ben sette province delle prime dieci della classifica provinciale delle imprese blu guidate da giovani con Palermo (805), Bari (576), Lecce (523), Trapani (497), Catania (495) che si aggiungono alle già citate Napoli e Salerno. Le imprese giovanili “blu” stanno dimostrando di essere anche più resilienti e di sapere reagire meglio di altre realtà imprenditoriali agli effetti dell’inverno demografico, contenendo il calo numerico tra il 2019 e il 2023 al 3,7% contro il 10,1% dell’intera imprenditoria giovane italiana. Una flessione del numero di imprese guidate dai giovani che appare ancora più ridotta nel Mezzogiorno (-1,3%), a fronte del crollo di quasi il 9% nell’Italia Centrale e del calo del 4,7% nell’Italia settentrionale. L’economia blu è anche sempre più “donna”. Il 22,4% delle imprese blu è guidato da donne ed è un fenomeno in crescita: soltanto dal 2019 al 2023 le imprese femminili del settore sono cresciute del 7,5% a fronte di un calo complessivo dell’1,1% dell’imprenditoria femminile totale.
Metà imprese in 10 province
Il tessuto produttivo del Sistema mare appare estremamente concentrato a livello provinciale: le prime cinque province – Roma (29.806 imprese blu), Napoli (22.943), Venezia (9.426), Salerno (8.138) e Genova (7.714) – detengono circa il 34% del totale delle imprese della Blue economy. Una percentuale che sale al 46,6% se si estende l’analisi alle prime dieci della graduatoria provinciale, dove troviamo ben sei province del Mezzogiorno, oltre Napoli e Salerno, anche Palermo (6.729), Sassari (5.685), Bari (5.377) e Lecce (5.103). La classifica cambia radicalmente, però, se consideriamo l’incidenza delle imprese della Blue economy sul totale del tessuto imprenditoriale provinciale. In questo caso nella top 10, ad eccezione di Sassari, tutte le province sono del Centro-Nord con La Spezia (16,6%), Rimini (13,8%), Livorno (13,6%) sul podio.