A eccezione della Valle d’Aosta, che li ha anticipati al 3 gennaio, da ieri è partita la corsa ai saldi in tutta Italia, con le abituali lunghe fila fuori dei negozi, soprattutto di abbigliamento e calzature. Ma al di là di ciò che appare, le previsioni di spesa sembrano puntare al ribasso. Le stime delle associazioni di categoria degli esercenti differiscono tra loro e solo i consuntivi stabiliranno se gli italiani saranno riusciti a superare le difficoltà derivanti dal divario tra l’inflazione reale e gli stipendi, soprattutto dopo il periodo natalizio che implica sempre un esborso straordinario. Secondo Confcommercio il 63,8% degli italiani farà acquisti quest’anno durante il periodo dei saldi, con una lieve flessione (-1,2 punti percentuali) rispetto al 2023, spendendo nella maggior parte dei casi meno di 200 euro. Invece, per Confesercenti, sulla base di un sondaggio condotto con Ipsos sui consumatori, integrato da un sondaggio condotto sulle piccole e medie imprese associate a Fismo, l’associazione dei negozi di moda, sarà solo il 40%, 4 italiani su dieci, che acquisterà un prodotto moda a prezzo scontato, ma con un budget medio più alto, di circa 267 euro. Va, però, aggiuntoun ulteriore 56% che acquisterà in caso di offerta interessante. Anche Confconsumatori concorda su un numero inferiore di consumatori pronti ad acquistare a saldo rispetto al 2023, “anno già piuttosto brutale”.
Anche sul volume totale di vendita le stime variano. Per Cna turismo e commercio per questi saldi invernali si prevede un giro d’affari di 5,5 miliardi mentre per Confesercenti la spesa complessiva ammonterà a circa 1,8 miliardi di euro. In ogni caso sarà una boccata d’ossigeno per i produttori e i commercianti, messi a dura prova dalla minore disponibilità economica delle famiglie, dalla concorrenza spietata dell’e-commerce e dei black Friday. Il 96% di loro ha, infatti, segnalato di aver registrato tra ottobre e dicembre un calo delle vendite dei prodotti delle collezioni autunno-inverno rispetto all’anno precedente, con una flessione media del 46%. Tanto che la richiesta era stata di fare slittare la stagione degli sconti di un mese, al 5 febbraio, nella speranza di poter ancora vendere a prezzo pieno.
Quello che poi era del tutto inaspettato che anche il cambiamento climatico potesse incidere sugli acquisti degli italiani. L’inverno più mite di sempre, con temperature tra ottobre e dicembre sotto la media stagionale, ha infatti scoraggiato la ricerca di capi invernali, quasi dimezzando le vendite delle collezioni autunno-inverno. I negozi sono arrivati così ai saldi con gli scaffali ancora pieni. Lo ha denunciato all’Adnkronos Confesercenti, che in un sondaggio svolto su un campione rappresentativo di imprese non solo della propria associazione, rivela che “il 92,1% dei negozi indipendenti ritiene che la data di inizio dei saldi di fine stagione – appena una manciata di giorni dopo l’inizio ‘astronomico’ dell’inverno, il 21 dicembre – sia troppo anticipata”. Il meteo dei prossimi giorni fa ben sperare in temperature più rigide, che possano stimolare un cambio di rotta delle necessità soprattutto in tema di abbigliamento, ma uno slittamento a febbraio, alle porte della primavera, non avrebbe aiutato a risolvere il problema. “È arrivato il momento di una profonda riflessione sull’utilità commerciale di questa tipologia di vendita e anche dei periodi dell’anno in cui può essere prevista – ha commentato il presidente nazionale di Confconsumatori, Marco Festelli -. Infatti tra ‘Black Friday” e vendite promozionali i consumatori appaiono disorientati e scettici sul significato della parola saldo; a questo si aggiunga poi che i saldi dopo il ‘pieno’ delle vendite natalizie hanno ormai poco senso e in molti Paesi i saldi vengono anticipati a prima della fine dell’anno”.