Come cambia la ricerca di lavoro con l’IA

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La tecnologia alla base dell’Intelligenza artificiale si pone, tra gli altri, l’obiettivo di sviluppare delle “macchine” dotate di capacità di apprendimento automatico e di adattamento che siano ispirate ai modelli di apprendimento umani. Ciò le rende adattabili a qualsiasi settore della nostra vita quotidiana e dei cicli produttivi in genere, nell’ottica di migliorarne la qualità.

Tra i settori che potrebbero trarre giovamento dal suo uso c’è n’è anche uno strategico per il mercato del lavoro ed è l’ambito del recruiting, ossia nei processi di selezione del personale. Da una indagine condotta dal portale di recruitment Infojobs in collaborazione con Hara Risorse Umane già nel 2019 il 21,6% degli intervistati ha, infatti, indicato nell’AI uno strumento fondamentale per il mondo Human Reserch, sia in fase di selezione che di sviluppo del personale.

Naturalmente, come per gli altri campi di applicazione, anche in questo caso l’AI non sostituirà mai i professionisti delle risorse umane, ma ne potrà agevolerà il lavoro, occupandosi delle incombenze a basso valore aggiunto come estrarre dal CV le informazioni rilevanti in maniera automatica.

L’IA può essere, dunque, impiegata sia per la profilazione dei candidati sia per la costruzione di un modello di affinità con la posizione aperta, fino ad arrivare, in alcuni casi, a gestire la prima parte del processo di selezione. Come nel caso di Vera, robot realizzato nel 2018 dalla startup russa Strafory, diventata famosa per essere stata “assunta” da IKEA come recruiter. L’IA è anche utile per le aziende nella ricerca di candidati passivi, cioè per entrare in contatto con il target desiderato, senza aspettare che siano le persone a candidarsi per una posizione, ma contattando direttamente le persone potenzialmente adatte a ricoprirla pescando automaticamente nei portali di offerte di lavoro.

Tra le novità dell’ultima ora l’idea di una giovanissima innovatrice veneta che ha lanciato Joule, startup nata per eliminare le barriere che oggi complicano l’incontro tra domanda e offerta nel campo dell’occupazione. In pratica un’app che richiede ai candidati di registrare un video di 40 secondi, da affidare al vaglio dell’intelligenza artificiale. 

Ma quando si parla di IA bisogna sempre tenere a mente che esiste un risvolto della medaglia se non utilizzata con moderazione e oculatezza. Come fa notare Sandro Incerti, Ai pioneer and expert, fondatore di GLIA of AICA e collaboratore di  Italian tech de La Repubblica, questa tecnologia può danneggiare gravemente l’ambiente. Dal punto di vista dei consumi, da uno studio di Luccioni e altri ricercatori della società franco-americana Hugging Face, relativo al 2022, si apprende che una sessione di addestramento di Bloom (il sistema IA etico, in grado di produrre testi come Chat GPT in open source) emette 25 volte più carbonio di un singolo viaggio aereo di sola andata da New York a San Francisco. Per come, quindi, sono realizzati i software a base AI allo stato attuale, uno studio del Barclays Center di New York prevede che la domanda di energia elettrica legata ai server nel 2026 per esempio in Irlanda costituirà il 33% del suo fabbisogno nazionale. 

Resta il fatto, sostiene Incerti, che un’altra IA è possibile, non così energivora. Dipenderà solo dalla volontà di migliorare le nostre condizioni e non cavalcare le facili speculazioni. Nella fattispecie, poi, il campo delle HR, dovrà sempre essere una persona umana a giudicare il curriculum e “avere l’ultima parola” nel processo di selezione.