Covid. Contagi e lavoro le donne hanno pagato il prezzo più alto 

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La lunga emergenza pandemica ha complicato la vita lavorativa delle donne, specialmente quelle impegnate parallelamente nel lavoro e nella gestione dei figli e degli anziani. Dei diversi provvedimenti urgenti previsti dal Parlamento a sostegno dei lavoratori, nulla c’è in favore dell’occupazione femminile, specie delle madri, sia sul versante delle politiche attive del lavoro sia su quello delle misure di conciliazione famiglia-lavoro, a partire dai servizi educativi e di cura per la prima infanzia e la diffusione capillare del tempo pieno nella scuola dell’obbligo. Misure che avrebbero permesso alle madri di restare nel mercato del lavoro e di avere pari opportunità anche nella conciliazione con la vita extra-lavorativa.

Covid: le donne le più infettate al lavoro

Secondo uno studio sui “Diritti delle donne lavoratrici, rischi infortunistici e tutela del lavoro” commissionato dall’ANMIL, durante il lockdown il 74% delle donne ha continuato a lavorare contro il 65% degli uomini, ma che, senza particolari tutele normative, in tanti casi sono state costrette ad abbandonare il lavoro per l’aggravio di responsabilità familiari. Infatti, oltre il 70% del calo complessivo degli occupati registrato nel 2020 sono state donne. Anche sul piano sanitario hanno pagato il prezzo più alto. Dai dati elaborati dall’Inail, con riferimento al consuntivo 2020-2021, si rileva che nel biennio sono stati denunciati complessivamente circa 191.000 infortuni da infezione da Covid in ambito lavorativo; di questi ben 130.000, pari al 68,3% del totale, hanno colpito la componente femminile, contro il 31,7% di quella maschile. La classe di età maggiormente coinvolta è stata quella delle lavoratrici anziane (50-64 anni), che rappresenta oltre il 42% del totale delle infortunate.

“Shecession”, la recessione femminile

”L’emergenza sanitaria ha rafforzato le criticità già presenti in ambiti femminili – ha spiegato il direttore centrale Prevenzione Inail, Ester Rotoli – come il lavoro, la condivisione dei carichi di cura, la violenza, l’imprenditoria, la formazione e la povertà. Sembra quasi che i progressi fatti verso la parità di genere degli ultimi anni siano stati annullati. Quest’impressione è talmente forte e condivisa che stampa, istituti di ricerca e mondo accademico hanno trovato un nome per descrivere questo fenomeno. La parola è Shecession – dal pronome femminile inglese she e il termine che indica la recessione – ovvero una recessione con ripercussioni soprattutto sul femminile”.

Orlando: inattuato, nei fatti, principio di equità di genere

Dell’importanza della parità di opportunità e di trattamento sul lavoro per lo sviluppo del Paese ha parlato anche il ministro del Lavoro Orlando: ”Resta il dato sconfortante che, ancora oggi, le donne svolgono gran parte del lavoro di cura non retribuito e, conseguentemente, le donne che lavorano ‘fuori casa’ risultano essere normalmente sottoposte a un doppio carico di lavoro e, quindi, anche a diversi e ulteriori rischi”. Non si può, dunque, ancora parlare di un’uguaglianza sostanziale, ha detto, in termini di salute e sicurezza sul lavoro.