Più lavoro, più occupati, più soldi che possono rilanciare i consumi e determinare un benessere diffuso. Non è una ricetta magica ma ciò che può essere fatto se davvero si vuole rilanciare occupazione e sviluppo. I prossimi giorni segneranno una svolta nelle politiche del lavoro e della formazione. Sono in arrivo 28,6 miliardi di euro complessivi, di cui 14,81 di risorse europee. Quelle previste per Fondo sociale europeo (Fse+, 2021-27) a cui si andranno a sommare 13,83 miliardi di cofinanziamento nazionale. Fondi per finanziare 21 programmi regionali e sei programmi nazionali. Si tratta di un maxi piano che vedrà protagonisti i giovani e le donne.
Meloni e l’impegno per i giovani
C’è oggi un terreno fertile per assicurare una crescita dell’occupazione che, come ricorda il premier Giorgia Meloni può essere fatta solo promuovendo politiche attive e nuovi assunti. Ieri il presidente del Consiglio ha rilanciato la sfida. “Record storico di occupati: il valore più alto da gennaio 2004”, scrive su Twitter Giorgia Meloni, “Ora al lavoro per migliorare i dati sull’occupazione giovanile, incentivando misure come la decontribuzione per gli under 36 fatta in legge di bilancio. Avanti così”.
Incentivi ma solo a chi assume
Ci soffermiamo sul tema lavoro per più di una ragione. La prima che incentivi e sgravi dati alle imprese solo per chi lavora non è una soluzione per allargare la platea degli occupati. Per fare un vero salto in avanti, è necessario inserire nel tessuto produttivo chi può contribuire allo sforzo di crescita del Paese e questo lo si fa con il lavoro. È urgente creare condizioni per assumere perché sono necessari mansioni tradizionali e nuove professionalità. Con l’assunzione però vanno garantite buste paga remunerative che siano davvero soddisfacenti. Questo oggi non accade. Le imprese non assumono perché gravate da troppe tasse e a fine mese per i lavoratori i salari sono bassi. Un motivo di forte disimpegno per milioni di giovani, che oggi si sentono fuori il sistema produttivo, disorientati e senza garanzie economiche. In altri versi non vedono il futuro.
Decisioni contro la sfiducia
La seconda ragione per cui l’occupazione è il vero terreno di sfida politica, economica e sociale, è che il sentirsi inseriti in un progetto di lavoro significa avere una visione nuova e concreta della realtà. L’Italia è maglia nera nell’Unione europea in fatto di numero di giovani che non sono né studenti né lavoratori, i cosiddetti Neet. Sono il 23% dei ragazzi che non hanno una prospettiva e progetto di vita lavorativa. Un dato che contrasta con quelli elaborati da Fondazione studi dei Consulenti del lavoro su dati Unioncamere, il mercato italiano a fine 2022 aveva bisogno in media di 238mila laureati e 335mila diplomati secondari. Sono i due terzi del fabbisogno complessivo. A cui si aggiungerebbero 130mila diplomati delle scuole di formazione professionale. All’appello mancano 47mila laureati ogni anno: quasi il 20% del fabbisogno. Peggio vanno in termini percentuali le scuole di formazione professionale: non c’è il 40% dei diplomati richiesti.
Ora le scelte concrete
Confidiamo che le scelte del preside del Consiglio siano concrete e saldate al suo discorso di insediamento quando ha tracciato una linea di crescita dell’occupazione. Più lavoro più redditi per creare anche un orizzonte previdenziale in particolare per i giovani. Un progetto da realizzare per disinnescare, come ha sottolinea il premier: “una bomba sociale che continuiamo a ignorare. Noi intendiamo lavorare sulla crescita dei giovani”. In agenda del Governo c’è il confronto tra il ministero del Lavoro con la ministra Marina Calderone e i sindacati per mettere a punto una riforma delle pensioni con particolare attenzione al lavoro dei giovani e delle donne. C’è ora da sperare che si sappiano utilizzare i fondi in arrivò per creare nuova occupazione, che sia dia alle imprese la possibilità di assumere e potenziare gli organici con sgravi e incentivi ad hoc per i neo assunti. Il tempo delle decisioni incalza, non basta fare convegni e annunci. È giunto il momento di agire e di dare segni chiari e concreti alle imprese che vogliono ampliare l’organico, ai giovani che cercano un inserimento e riconoscimento sociale ed economico.