La sinistra di cui l’Italia ha bisogno si deve liberare da riti, linguaggi e blocchi mentali che la stanno portando al disastro. Deve saper parlare sia alle imprese che ai lavoratori; deve dedicarsi ai problemi della vita quotidiana senza vergognarsi di occuparsi di sicurezza, di precarietà, di emarginazione, di uguaglianza dei punti di partenza e di valorizzazione del merito. Deve liberarsi della sloganistica e della supponenza del politicamente corretto. Deve far crescere una classe dirigente totalmente nuova sbaraccando le vecchie correnti. È una traversata nel deserto necessaria. Stando per 5 anni all’opposizione ha abbastanza tempo. L’alternativa? È l’irrilevanza.
Dal 2008 Il Pd ha perso 7,5 milioni di voti ma non si è accorto del declino che stava logorando la sua identità e la sua presa sull’elettorato. Perché? È rimasto sempre al potere, pur senza essere legittimato a farlo: ha governato anche quando non ha vinto le elezioni. E il potere è stato un potente narcotico per i vari leader che si sono alternati alla segreteria e per i vari capi corrente sempre saldi al comando delle loro repubbliche autonome.
Dal 2009 si sono alternati alla guida del Pd ben 8 tra segretari e reggenti. Nessun partito ha conosciuto una simile turbolenza di vertice. Ma una linea politica vincente non è stata mai trovata.
Lo scossone di Renzi
Renzi provò a dare uno scossone dopo il 2013. Ottenne lo storico 40,8% alle Europee del 2014. Un successo che diede alla testa anche al suo artefice. Renzi si impelagò in una personale battaglia sulla riforma costituzionale, e gli italiani la bocciarono.
Il Pd avrebbe dovuto dedicare le energie politiche e intellettuali che non gli mancano a capire per tempo che il modello tradizionale della sinistra non era più adeguato e che doveva cercare risposte nuove per l’elettorato che un tempo si riconosceva nella sinistra.
L’irruzione dei 5 Stelle
In particolare, dopo l’irruzione sulla scena del Movimento 5 Stelle il Pd avrebbe dovuto intercettare il malcontento e il disagio che era stato cinicamente cavalcato da Grillo e che Conte ha intenzione di continuare a sfruttare. E invece ha deciso di non occuparsi di una fetta crescente della società italiana che non si sentiva più rappresentata da una sinistra che parlava un linguaggio sempre più incomprensibile per un ceto medio che si stava impoverendo e per strati sociali sempre più precari e marginalizzati.
Il Pd doveva riprendersi i voti che i 5 Stelle gli avevano sottratto dando una risposta convincente e non demagogica a quegli elettori. Ha fallito.
Il mix che allontana gli elettori
Perché ha mescolato un confuso moderatismo sui temi economici, il politicamente corretto su questioni identitarie e il distacco anche fisico dai luoghi del disagio sociale. Il tutto condito con l’immagine di partito di potere che si è cucita addosso.
Non è mai troppo tardi per ammettere i propri errori e cambiare registro. Ma i quattro candidati Bonaccini, Cuperlo, Schlein e De Micheli saranno capaci di spiegare più all’esterno che all’interno del Pd in cosa si sono sbagliati e come pensano di costruire una sinistra moderna?
C’è da augurarsi di si perché, se non ci riusciranno, una parte significativa dell’elettorato sarà preda delle sirene demagogiche e populiste e questo creerà seri problemi per la stabilità del Paese.
La necessaria traversata nel deserto
La sinistra di cui l’Italia ha bisogno si deve liberare da riti, linguaggi e blocchi mentali che la stanno portando al disastro. Deve saper parlare sia alle imprese che ai lavoratori; deve occuparsi dei problemi della vita quotidiana senza vergognarsi di parlare di sicurezza, di precarietà, di emarginazione , di uguaglianza dei punti di partenza e di merito. Deve liberarsi della sloganistica e della supponenza del politicamente corretto. Deve far crescere una classe dirigente totalmente nuova sbaraccando le vecchie correnti. È una traversata nel deserto necessaria. Stando per 5 anni all’opposizione hanno abbastanza tempo. L’alternativa? È l’irrilevanza.