Ogni anno sono circa 40mila i cittadini coinvolti in studi clinici, che possono beneficiare di trattamenti innovativi con grande anticipo rispetto alla loro disponibilità e, quindi, di maggiori possibilità di guarigione. In Italia la cifra investita in sperimentazioni cliniche è di 750 milioni di euro l’anno, risorse fondamentali sia per il sistema del Paese che per i pazienti. Tutte le sperimentazioni devono essere sottomesse secondo i nuovi standard stabiliti dal Regolamento europeo 536 del 2014, che ha armonizzato il processo di valutazione e autorizzazione di uno studio clinico condotto in più Stati membri. E l’Italia, dopo lunghi ritardi, si è finalmente adeguata alla normativa comunitaria, grazie ai quattro decreti firmati dal Ministro della Salute il 30 gennaio 2023. Sono stati ridotti a 40 i Comitati etici territoriali, garantendo l’indipendenza degli studi e l’assenza di conflitti di interesse. “Ringraziamo il Ministro Schillaci per aver accolto l’appello dei clinici .
La comunità scientifica plaude alla piena implementazione nel nostro ordinamento del Regolamento Europeo, che consentirà alla ricerca italiana di restare ai vertici nel mondo. Nel 2019, nel nostro Paese, sono state autorizzate 672 sperimentazioni, 516 profit e 156 no profit. E i due terzi interessano complessivamente proprio le neoplasie, le malattie ematologiche e cardiovascolari, che tra l’altro producono i due terzi della mortalità annuale. In questi mesi, abbiamo più volte sollecitato le Istituzioni, facendo presente i rischi del mancato adeguamento al Regolamento europeo” afferma Francesco Cognetti, Presidente della Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi (FOCE).
“I primi segnali erano davvero preoccupanti. Da gennaio a ottobre 2022, sono state presentate 428 domande di avvio di studi (clinical trial application), di cui solo 87 hanno coinvolto l’Italia rispetto alle 142 della Francia 132 della Spagna e 116 della Germania. In assenza dell’adeguamento normativo, è stato stimato un vero e proprio dimezzamento, cioè sarebbero stati persi circa 300 studi rispetto ai 672 del 2019, con gravi conseguenze per i pazienti e il ‘sistema Paese’. I decreti del Ministro Schillaci hanno scongiurato un danno serissimo ai circa 40mila pazienti italiani che trovano un beneficio dal trattamento precoce con farmaci e strategie innovative, oltre a portare vantaggio nella formazione di professionisti di altissimo livello”, ha aggiunto. “Lo sviluppo di nuovi farmaci determina utilità sociale, allungamento della vita media dei cittadini e costituisce un investimento di qualità sul lungo termine. La ricerca clinica è un motore di sviluppo economico e sociale che può offrire un contributo importante, grazie alle potenzialità di partnership tra pubblico e privato. Uno dei punti cruciali per l’adeguamento alla normativa comunitaria, realizzato con il decreto ministeriale, è stato la riduzione dei Comitati etici territoriali da 90 a 40, oltre ai 3 a valenza nazionale, anche grazie alla virtuosa sinergia sviluppata fra Ministero, AIFA e Regioni. Tutto questo si traduce in accelerazione delle decisioni e meno vincoli burocratici. Fondamentale anche il decreto del Ministro che regola la fase transitoria relativa alle attività di valutazione e alle modalità di interazione tra il centro di coordinamento, i Comitati etici territoriali, quelli a valenza nazionale e l’AIFA”, spiega Giorgio Palù, Presidente AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) .