L’AIDS, IL CONVITATO DI PIETRA DI CUI CI SIAMO DIMENTICATI

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Come ogni 1° dicembre, anche quest’anno è stata celebrata la Giornata Mondiale contro l’AIDS, celebre per il suo simbolo, un fiocco rosso. Fu istituita nel 1988 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità  in piena esplosione del virus, anche se già negli anni Settanta erano stati segnalati casi isolati di Aids negli Stati Uniti e in numerose altre aree del mondo (Haiti, Africa ed Europa). La ricorrenza, però, a qualcuno può essere suonata anacronistica, perché del problema e della sua prevenzione non se ne sente più parlare un granché e sicuramente non in termini di epidemia, fosse anche per i tanti progressi fatti dalla ricerca, come l’accesso più ampio alle terapie antiretrovirali (ART), che l’hanno trasformata in una malattia cronica gestibile.

In realtà, il tema è più che mai attuale. Nel 2022, nel mondo circa 39 milioni di persone vivevano con l’HIV, con 1,3 milioni di nuove infezioni registrate nell’anno. Senza contare il fatto che molte persone contagiate non sono consapevoli del loro stato. Per comprendere appieno il significato dei numeri, una delle principali cause di morte per malattia, le malattie cardiovascolari, nel 2022 hanno colpito quasi 20 milioni. Certo in un caso si parla di contagio, il cui esito non è scontato, mentre nel secondo di morti accertate, ma la sola diffusione rende l’idea di come il problema sia ancora presente.

In Italia, l’Istituto Superiore di Sanità segnala che dopo oltre un decennio di trend in costante discesa, nei due anni post-Covid si osserva un nuovo aumento dell’incidenza HIV: 1.888 nuovi casi segnalati nel 2022, +32% rispetto al 2020. È questo il quadro che viene fuori dall’aggiornamento della sorveglianza nazionale delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS al 31 dicembre 2022, curato dall’ISS e pubblicato in vista della Giornata Mondiale dell’1 dicembre.

L’84% dei casi scoperti nel 2022 è ascrivibile a rapporti sessuali (43% eterosessuali, 41% MSM), prevalentemente maschi (79%). La quota di nuove diagnosi in persone con più di 50 anni è in continuo aumento, dal 20% del 2015 al 31% del 2022. Oltre la metà (58%) delle persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2022 erano in fase avanzata di malattia, cioè con una situazione immunitaria seriamente compromessa o addirittura già in AIDS, in cui l’infezione è rimasta misconosciuta per anni. Inevitabili i riflessi sull’efficacia della terapia antiretrovirale che risulta inferiore in caso di diagnosi tardiva e sulla probabilità di trasmettere involontariamente l’HIV non usando le protezioni adeguate. Negli over 50 la quota di diagnosi tardive arriva all’80%. Diminuisce l’attitudine a fare il test HIV in seguito ad un contatto sessuale non protetto, mentre aumentano i test eseguiti perché già presenti sintomi legati all’HIV in persone che si sono pertanto infettate vari anni prima.

In Italia l’incidenza è inferiore rispetto alla media osservata tra gli Stati dell’Unione Europea (3,2 vs 5,1 nuovi casi per 100.000) e la massima concentrazione di casi resta in Africa subsahariana, il cuore dell’epidemia globale, con circa 25,6 milioni di persone colpite nel 2022, ossia il 66% dei casi mondiali.Ciò non toglie  che tra Nord America ed Europa Occidentale sono stati censiti circa 2 milioni di persone che hanno contratto l’infezione. E’ evidente che l’epidemia di HIV/AIDS colpisce più le regioni con risorse limitate e infrastrutture sanitarie deboli, tuttavia lo stigma sociale e la disinformazione restano problematiche comunitarie a livello globale. Sarebbe, dunque, bene non abbassare la guardia e continuare a informare, soprattutto i giovani nelle scuole.