“In Medioriente una pace vera e duratura richiederà tempi lunghi. Adesso bisogna lavorare per la cessazione delle ostilità. Un cessate il fuoco come primo passo verso altre prospettive di carattere politico che però sono tutte da costruire, sono tutte cose ancora campate in aria”. Sono parole, queste, del Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, che ieri, all’Università Lateranense di Roma, ha tenuto una lectio magistralis intitolata ‘Caratteri e criteri per una pastorale della pace’ nell’ambito del corso di ‘Teologia della pace’. L’occasione giusta per esprimere il proprio pensiero sul conflitto armato tra lo Stato di Israele e Hamas. E dunque, per il Cardinale, il primo passo cruciale è la fine delle ostilità che stopperebbe non solo sofferenza e distruzione, ma creerebbe anche un ambiente più propizio per la costruzione di soluzioni politiche e sociali durature. Ma anche la liberazione degli ostaggi e dei prigionieri potrebbero contribuire a sbloccare la situazione e avviare un processo di pacificazione più ampio.
Accordi teorici
Alla stampa presente all’interno dell’ateneo laziale, Pizzaballa ha anche spiegato perché, secondo lui, a oggi sono falliti tutti i tentativi di trovare accordi di pace: “Erano accordi teorici, non si possono risolvere anni di drammi senza pensare al grande carico di ferite, disperazione, acredine, rabbia che ancora covava in questi territori e che in questi mesi è esploso in maniera terribilmente violenta”. Per il Cardinale guardare al futuro con speranza e costruire una pace duratura richiede un processo di purificazione della memoria. Le ferite del passato devono essere curate e riconosciute da entrambe le parti coinvolte nel conflitto. Senza questa purificazione, il rischio è di alimentare un circolo vizioso di vittimismo e rabbia, che ostacola ogni tentativo di riconciliazione, il suo pensiero.
Pizzaballa si è detto poi d’accordo con le parole di Papa Francesco, secondo il quale il ruolo della Chiesa non è quello di intervenire direttamente nei negoziati o nelle mediazioni, soprattutto in contesti così complessi e delicati. “La Chiesa”, ha detto il Cardinale, “dovrebbe creare spazi e contesti favorevoli in cui le varie parti in conflitto possano incontrarsi e dialogare. Questi spazi possono fungere da terreno neutro e sicuro in cui si possano esplorare soluzioni pacifiche e sostenibili”.
Situazione drammatica
Riguardo agli sforzi della Chiesa per prevenire interventi militari di Israele a Rafah (la città palestinese nel Sud della striscia di Gaza nel mirino di Benyamin Netanyahu) il Cardinale ha confermato la presenza e l’impegno costante, ma ha evitato di entrare nei dettagli. In questo contesto Pizzaballa ha confermato la drammatica situazione che attanaglia la Terra Santa, definendola “una tragedia senza precedenti. Oltre alla gravità del contesto militare e politico, sempre più deteriorato, si sta deteriorando anche il contesto religioso e sociale. Il solco di divisione tra comunità, i pochi ma importanti contesti di convivenza interreligiosa e civile si stanno poco alla volta disgregando, con un atteggiamento di sfiducia che invece cresce ogni giorno di più. Un panorama desolante”. Nonostante ciò, il Cardinale intravede ancora sprazzi di speranza, seppur confinati a realtà di nicchia, “ma è necessario essere realisti nel riconoscere che il quadro generale rimane estremamente preoccupante, con la pace che sembra essere diventata una parola priva di significato”, svuotata in pratica dalla sua vera essenza e strumentalizzata per fini politici.