“Dove non c’è crisi non c’è crescita”. Cerca di trovare il lato positivo della profonda crisi delle culle vuote la Premier Giorgia Meloni, che nel suo discorso, alla giornata conclusiva degli Stati Generali della Natalità, rinnova il suo impegno e del suo Esecutivo a creare le condizioni perché i giovani ritrovino il coraggio di guardare al futuro con ottimismo ed energia. Per farlo, occorre recuperare la capacità di guardare oltre il “qui e ora”, superando un approccio sussidiario da parte dello Stato, ma piuttosto creando le condizioni per un vero sviluppo, dove ci sia posto per iniziative e lavoro. “Aiutare chi sta peggio – aggiunge Meloni – e non peggiorare la situazione di chi sta già così e così”.
Come per la ministra della Famiglia Roccella, le soluzioni secondo la Premier non vanno rintracciate solo nelle questioni economiche, ma anche dentro di sé, consapevoli – dice Meloni – che il proprio destino dipende dalla volontà, dall’ottimismo, dalla capacità di liberare le energie che ci animano. Abbandonare, dunque, la malinconia che sembra contraddistinguere l’umore degli italiani negli ultimi anni, come rilevato anche da un recente sondaggio del Censis. La leader di Fdl invita a ritrovare l’orgoglio di appartenere a un Paese la cui storia è una storia di grandi imprese, recuperando il significato della genitorialità, non come una moda o un privilegio, ma come evento bellissimo, che “non toglie niente a nessuno e restituisce tantissimo”. Naturalmente una genitorialità fatta di una madre e di un padre, non in vendita e non in affitto. È la stoccata che la Premier lancia nella direzione della comunità Lgbt, rivendicando il diritto a valori più tradizionali.
Un discorso che sembra cercare continuamente il consenso di Papa Francesco, seduto accanto a lei, evocato anche attraverso la simbologia del chicco di riso, che ripulito dalle scorie, dà i suoi buoni frutti. Consenso che sembra raccolto dal Pontefice nel sottoscrivere la necessità di recuperare la speranza nel futuro da parte dei giovani, ma che poi vira verso un vigoroso richiamo alla responsabilità collettiva e delle istituzioni affinché questo avvenga. Per il Papa le difficoltà economiche, a trovare un lavoro e una casa a prezzi accessibili, restano i problemi fondanti della denatalità, insieme alla paura di restare soli di fronte a una impresa che appare titanica. “Dalla crisi non si esce da soli – dice a chiare note Papa Francesco – o siamo tutti o non siamo tutti”. E dalle crisi non si esce mai uguali, o migliori o peggiori, a seconda delle scelte che si approntano per superarle.
Contare solo sulle proprie forze erode il vivere comune e ci condanna a vite solitarie, aggiunge il Santo Padre, dove solo i più ricchi possono scegliere le forme della propria vita. “Questo è ingiusto e umiliante”. Per il Pontefice non ci sono dubbi, le cause dell’inverno demografico sono legate al senso di precarietà e al ”Mercato libero che senza i giusti correttivi diventa selvaggio”. La famiglia non può essere vissuta come un problema quando è parte della soluzione, ma ci deve essere chi ha voglia di scommettere su questo istituto. Una società felice accoglie, mentre una società infelice è la somma di individui che difendono a tutti costi quello che hanno e si dimentica di sorridere. “La nostra è la società della stanchezza”, ha detto Papa Francesco, che chiude il suo intervento invitando a “non rassegnarsi al grigiore del pessimismo, al sorriso di compromesso. I figli non sono bene individuali ma ricchezza collettiva”, in grado di rigenerare la speranza e riavviare i processi che diano slancio all’Italia e al mondo. La speranza, ha concluso, è la virtù più piccola, ma che ti fa andare avanti e che non delude mai, come dice anche la Bibbia.